Cose leggere e vaganti intorno a “Il cielo non è un fondale” di Deflorian e Tagliarini

2016 17 Daria Deflorian/Antonio Tagliarini Théâtre Vidy Lausanne "Il Cielo Non E Un Fondale" Texte Et Mese En Scène De Daria Deflorian Et Antonio TagliariniAlla fine dello spettacolo, Max Penombra mi si avvicina e mi dice: “Pensavo avrebbero parlato di più di termosifoni”. Quella che potrebbe sembrare una boutade, contiene in realtà, in nuce, tutto il sale di questa critica.

Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, accompagnati da Francesco Alberici e Monica Demuru, vagano leggeri, liberi sul palco. Ascoltano in silenzio gli aneddoti più vari, a volte intervengono. Spesso interrompono le storie degli altri per continuare le loro, nutrendo quell’“io obeso” già condannato dalla Deflorian, ma che ironicamente insiste ad insinuarsi, disperdendo il filo, sparigliando l’ordine del discorso.

Sono tutti molto bravi, molto “naturali”: ci sembra di assistere a chiacchiere fra amici un po’ strambi. Personaggi alleniani, insicuri di loro stessi, nevrotici, amabilmente ipocriti per quei loro tic da liberal-ma-non-troppo (la scena dell’elemosina; il dialogo nel giardino di via Arenula con la barbona polacca; le riflessioni sul venditore di rose).

In alcuni momenti un discorso spicca come un assolo su questo chiacchiericcio di sottofondo, si coagula in un monologo che sa quasi di stand-up comedy (le gag di Daria sul tappeto, sull’umidità, sui libri; la scena del supermercato), fa sorridere sinceramente; poi si perde di nuovo, tra i flutti di questo flusso di parole e storielle. Altre volte il tessuto drammaturgico è spezzato da interventi musicali della brava Monica Demuru (i suoni della città che ci sovrastano; le canzoni che ci ricordano di una persona; frequenze radio disturbate).

Tutte queste piccole solitudini urbane si affastellano sulla scena essenziale ed elegante di Gianni Staropoli, che ha vinto il Premio Ubu per il miglior allestimento scenico, e trovano il loro correlativo oggettivo nel vero feticcio di questo spettacolo: il termosifone.

Coperta di Linus per adulti tremolanti, solido totem di ghisa per salvare anime gelatinose e nevrotiche, stoico elargitore di calore artificiale, il termosifone è il protagonista del finale, centro di una “teoria urbanistica” appena accennata dalla Deflorian, possibile e ironica risposta a questo affollarsi di solitudini.

E infatti, ecco che nel finale la quinta si sfonda e compaiono altri termosifoni. È una dolce invasione bianca e calda sotto le note sbilenche di Giovanni Truppi. Termosifoni sparsi un po’ su tutta la scena come sparse erano i corpi dei reietti immortalati a Green Park dalla fotografia di Jack London, descritta, durante spettacolo, dalle belle parole di Attilio Scarpellini.

Una risposta minima a fronte di questo enorme bisogno di affetto e umanità, ma pur sempre una risposta. Apolitica, disimpegnata. Forse un po’ sciocca? Ma pur sempre una risposta, appena accennata, che arriva purtroppo soltanto alla fine del lavoro di Deflorian e Tagliarini, privandolo così di una possibile chiave di lettura, di un timone che avrebbe potuto indirizzare meglio l’ondivago testo, che come una mosca svolazza compiaciuto attorno a un centro non ben definito.

Insomma, come direbbe il poeta, questo spettacolo racconta “cose leggere e vaganti”, in modo leggero e vagante. La platea apprezza, sorride, applaude, abituata com’è ad affrontare ore di pesantezza tragica, drammoni, affreschi sociali, impegno civile. C’è qualcosa di male, in questo? No, così come per le bolle di sapone. Non c’è nulla di male a fare le bolle di sapone: volano un po’, scoppiano e ci sfiorano il viso, innocue ed eleganti.

Il cielo non è un fondale

di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
con Francesco Alberici, Daria Deflorian, Monica Demuru, Antonio Tagliarini
collaborazione al progetto Francesco Alberici, Monica Demuru
testo su Jack London Attilio Scarpellini
musiche Lucio Dalla, Mina, Georg Friedrich Händel, Lucio Battisti
la canzone ‘La domenica’ è di Giovanni Truppi
assistente alla regia Davide Grillo
disegno luci Gianni Staropoli con la collaborazione di Giulia Pastore
costumi Metella Raboni
costruzione delle scene Atelier du Théâtre de Vidy
direzione tecnica Giulia Pastore
accompagnamento, distribuzione internazionale Francesca Corona
organizzazione Anna Damiani
produzione Sardegna Teatro, Teatro Metastasio di Prato, Emilia Romagna Teatro Fondazione
in coproduzione con A.D., Odéon – Théâtre de l’Europe, Festival d’Automne à Paris, Romaeuropa Festival, Théâtre Vidy-Lausanne, Sao Luiz – Teatro Municipal de Lisboa, Festival Terres de Paroles, théâtre Garonne, scène européenne – Toulouse con il sostegno Teatro di Roma

Visto al Rasi il 15 febbraio 2018

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