sabato
19 Luglio 2025

È l’autofiction il genere dei ‘20?

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Ogni epoca ha il suo genere letterario di riferimento, forse quello che meglio risponde alle richieste che gli pone il presente. Il genere che sta caratterizzando gli anni ’20 è l’autofiction, ovvero il racconto autobiografico in cui il protagonista e l’autore coincidono. Lo certifica la vittoria del Premio Strega 2025 ad Andrea Bajani con “L’anniversario” romanzo in cui l’autore fa i conti con il complicato rapporto con i genitori, che non vede da dieci anni.

Degli ultimi cinque premi ben tre sono andati a romanzi di autofiction (Ada D’Adamo “Come l’aria” nel 2023 in cui l’autrice raccontava la malattia che l’avrebbe poi portata alla morte, ed Emanuele Trevi “Due vite” nel 2021, in cui racconta la morte di due cari amici). Il genere, che ha radici nella narrativa autobiografica, la cui storia è lunga, basti pensare a Proust o ai memoir, ha in questa sua accezione contemporanea qualcosa di diverso. C’è, tra le righe, il desiderio di fare i conti con il nostro tempo, con i temi che generano dibattito.

Le radici di questa nuova accezione alla autobiografia vengono dalla Francia in cui autori come Emanuelle Carrère e Annie Ernaux (Premio Nobel per la letteratura nel 2022) sono stati di riferimento per molti autori nel resto d’Europa, tra cui Javier Cercas in Spagna (nella sua lettura più politica e impegnata del genere) o Karl Ove Knausgård in Norvegia. In Italia possiamo citare Roberto Saviano, Nicola Lagioia, Paolo Nori, Antonella Lattanzi, ognuno con la sua cifra stilistica. Le ragioni di questo successo sono da cercare in due aspetti. Da un lato c’è la complessità del presente, che vorremmo ci venisse spiegato da chi ha la possibilità (forse) di capirci qualcosa in più.

La seconda motivazione del successo dell’autofiction è la proliferazione come modello narrativo (negli ultimi dieci anni) dei social network in cui l’“Io” è sempre al centro del racconto. Così anche chi scrive diventa materia letteraria, perché i lettori vogliono sapere chi sia, cosa mangi, per cosa soffre, se anche lui sanguina. Il filone delle autofiction entra dunque nelle classifiche italiane accanto al giallo (sulla cresta dell’onda dagli anni ’90) e alle saghe familiari. Tutti e tre sono generi che hanno a che fare con il realismo. La domanda sorge dunque spontanea, quando torneremo a leggere storie che attingono alla fantasia? Quando torneremo – anziché a cercare di capire il nostro mondo – a sognarne diverso?

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