Non c’è poeta o scrittore che guardando alla bellezza di Ravenna non si sia soffermato sulla sua maestosa pineta. Anche Tommaso Nediani non rimase immune al suo fascino e in Ravenna Felix dedicava alla «divina foresta» l’XI capitolo della sua opera: «Ravenna ha tra se ed il cerulo Adriatico una cortina di un verde perenne che la ripara dal garbino furioso, e la trasfigura. La divina foresta: Il pineto! […] I mistici e i poeti sono le guide migliori, perchè alla solitaria bellezza dell’annosa selva e gli uni e gli altri hanno dato coll’ammirazione, il consenso delle anime loro. La solitudine è divina, a patto che sia libera da qualsiasi imposizione esteriore, dove l’anima trovi il mondo sognato e vagheggiato de’ suoi pensieri e dei propri affetti. Sequestrarsi dalla folla rumorosa per vivere a sè, solitari, e sentire nel silenzio la voce della coscienza, è stato sempre l’anelito e il più fervido desiderio di tutti i sognatori, i poeti, gli artisti, i mistici; chè niente è più suggestivo delle voci spirituali che mandano certi luoghi romiti dal consorzio e dalle dissipazioni degli uomini, dove l’anima si ricovera, come l’augello al desiato nido, nel folto silvano […] Ma per i più, questo bosco or fitto, or raro, […] or chiaro di tutte le luci iridescenti del verde, ora opaco della densità de’ pini secolari e della ramaglia che è andata tumultuariamente crescendo ai piedi de grandi fusti, è ancora la meraviglia più intensa del nostro suolo, e la vaghezza del nostro panorama».
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