Theodor Mommsen, grande storico ed epigrafista tedesco, in occasione del suo primo viaggio in Italia, tra l’11 e il 13 luglio 1845, visita Ravenna e i suoi antichi monumenti. Nel suo diario annota quanto vede, non sempre con l’accuratezza e l’attenzione che ci si aspetterebbe da una persona del suo calibro. Il 13 luglio, dopo essere arrivato a Rimini verso le 9 di sera, descrive la sua ultima giornata ravennate: «vedo che ho dimenticato il Battistero. L’idea fondamentale di questo edificio è del tutto simile a quella di S. Vitale. Esso è enormemente alto – bisogna tener conto che il suolo è rialzato di 11 palmi – e di strettissima circonferenza. Sotto le colonne che portano gli archi inferiori c’è perfino una cimasa di architrave, il che costituisce la prova migliore che si tratta di una costruzione fatta con materiale di riporto. Tra la seconda fila di archi si trovano ancora alcuni arabeschi in scultura, cervi che mangiano l’uva ecc. Sopra questi archi c’è una serie di mosaici nella rotonda, inginocchiatoio, sedia vescovile, altare che si alterna con il libro dei vangeli. Nella cupola ci sono i dodici apostoli, abbastanza brutti; tra loro, bei candelabri antichi. Nel mezzo, il curioso Cristo nelle onde, dove il Giordano siede con il panno verde. La forma è anche qui, come in S. Vitale e nella tomba di Teodorico, un ottagono tendente al cerchio. […] Bel vaso antico nel battistero, dove battezzavano i gentili, con amorini e ghirlande; nello spazio libero una faretra con frecce».
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