Ravenna deve moltissimo al suo concittadino Corrado Ricci. Grazie al suo tenace impegno furono condotte importanti campagne di restauro sugli antichi monumenti e portati avanti significativi studi sulla loro architettura e iconografia. Per farsi anche solo una vaga idea dell’imponente mole di lavoro di cui egli si fece carico basta leggere alcuni dei resoconti che egli stesso ci ha lasciato, come ad esempio quello sulla basilica di Sant’Apollinare in Classe pubblicato nel 1935 nel fascicolo VII delle “Tavole storiche dei mosaici di Ravenna”: «Quando noi, nel dicembre del 1897, assumemmo la direzione della Sovrintendenza dei monumenti di Ravenna, l’insigne chiesa era ridotta di nuovo in uno stato indescrivibile: muri sfaldati dentro e fuori, iscrizioni rotte, travi marciti, tegole rimosse, muffe dovunque, fin sulle colonne, porte e finestre sgangherate, vetri rotti, mosaico lercio e qua e là sollevato, e, laddove, a nord, nel semicatino era stato dipinto, oscurato al punto da parer fradicio. L’esame specialmente di quest’ultima parte condusse intanto a concludere che quant’era stato dipinto a tèmpera s’era tosto imbiancato di salnitro e quant’era stato dipinto ad olio era divenuto nero. […] Dopo un totale ripulimento della chiesa, durante il quale si dovettero sino snidare grovigli di biscie, s’iniziò nel 1906 quello del mosaico, per opera di Giuseppe Zampiga, al quale, nel luglio dell’anno seguente, si uni Aretàfilo Merlini del R. Opificio delle pietre dure di Firenze».
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