
La scoperta delle ossa di Dante, avvenuta in modo fortuito il 27 maggio 1865, «aveva commosso di viva esultanza e di nobile orgoglio» la città di Ravenna.
Chiaramente, in seguito al ritrovamento si rendeva necessario avviare quelle imprescindibili ricerche volte a dare credito al rinvenimento, innanzitutto aprendo il sarcofago all’interno della tomba per verificare che fosse effettivamente vuoto.
Il 31 maggio si deliberò di ispezionare l’urna ed il 7 giugno si procedette alla verifica, non prima però di aver segretamente appurato, la notte che precedeva l’apertura ufficiale, che il sarcofago fosse vuoto.
Annoterà in merito Corrado Ricci: «In un punto del sepolcro tra il coperchio e la cassa [si] praticò un buco col trapano e con una canna si esplorò più volte il fondo dell’arca che risultò, com’è ovvio, vuota».
Dunque, si poteva procedere con la solenne e pubblica apertura che avvenne «al cospetto di speciali Rappresentanze, del intero Consiglio Comunale» e di quanti poterono avvicinarsi e constatato che lì non vi erano presenti ossa, se non piccoli frammenti, con giustificato entusiasmo Gioacchino Rasponi, Sindaco di Ravenna, annunciò in quel giorno di giugno l’importante notizia: «Concittadini! Oggi alle ore 10 e ¾ del mattino è stata pubblicamente aperta l’urna del Sepolcro di Dante, e non vi si è trovato che tre falangi di corpo umano, e alcune foglie secche di lauro. Questa è luminosa conferma che le Ossa nascoste dal Padre Santi sono veramente le Ossa del Divino Poeta».