267 – Ravenna e le «sue anticaglie»

Intarsio Marmo

Girolamo Fabri, importante erudito del clero ravennate del XVII secolo, in più occasioni ebbe modo di scrivere sulla storia e i monumenti della città di Ravenna. Nel 1664 aveva dato alle stampe Le sagre memorie di Ravenna Antica, al 1675 risale l’Effemeride sagra et istorica di Ravenna Antica, mentre al 1678 la Ravenna ricercata overo compendio istorico Delle cose più notabili dell’Antica Città di Ravenna, un’opera pensata come una sorta di guida ante litteram strutturata su tre giornate di visita e scritta, come dichiarato dall’autore non certo senza retorica, «furtivamente, cioè à dire in quell’ore, che mi restano esenti dà publici affari».
Nella premessa, pensata per l’attento lettore, il Fabri richiamava alla mente le passate glorie della città di Ravenna e le sue antiche origini: «La Città di Ravenna, che trà l’altre molte prerogative vanta come suo proprio l’attributo di antica, e stata sempre, è ancor’ oggi di sì gran nome presso le Nationi di Europa, che molti nel viaggiar per l’Italia stiman prezzo dell’opera il portarsi a vederla; e quelli, che han dato in luce i loro Itinerari, tutti ne scrivono con gran lode, qualificandola (trattane la sola Roma) come degnissima sopra l’altre Città tutte della bella Italia per le sue anticaglie di esser veduta […]. Ma per dire il vero Ravenna si deve vedere, non già per le Fabriche moderne, mà per le sue immense antichità, non trovandosi Città in Italia dopo Roma, che ne contenga maggior numero, e degne di esser vedute».

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