186 – Ravenna, ovvero il peccato mortale

2020 03 04 11.25.53 2Nel 1935 una giovane Marguerite Yourcenar visitava Ravenna e nel giugno di quello stesso anno, in un saggio intitolato Ravenna ou le péché mortel, pubblicava le sue visioni sulla città: «Per queste strade fiancheggiate da case basse[…],tra negozi che espongono le loro lusinghe fuori moda, ogni cosa emana il sentore di noia delle giornate troppo lunghe, dei doveri monotoni, e l’Invidia è il più vezzeggiato dei sette vizi capitali. Le sole chiese – nascoste qua e là dietro le loro facciate di mattoni ruvidi, quasi sotterranee, accessibili soltanto attraverso corridoi lunghi e sinuosi – si aprono come spiragli di un mondo dell’anima […]. L’iperbole e la parabola qui sono le due parole magiche matematiche delle absidi, le due formule della curva alle quali il peso delle pietre obbedisce. Grammaticale o geometrico che sia, il loro uso, si manifesta ad ogni pagina di questi libri di vetro e di oro. Parabole del Cristo, freschezza degli oggetti, infantile semplicità dell’anima […]. Quell’erba paradisiaca che brucano i dodici agnelli simboleggianti gli Apostoli; la stessa erba che da secoli nutre i cervi costretti a brucare sul soffitto di una tomba […]. Le volte ruotano con il cielo. Girano in tondo gli Apostoli, come dervisci agli acuti suoni di un valzer lento. Mani divine sospese a caso […]. Uno dei segreti di Ravenna sta in questo confinare dell’immobilità con la velocità suprema; essa conduce alla vertigine. Il secondo segreto di Ravenna è quello dell’ascesa al profondo»

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