Da Jovanotti a Stravinskij, una top 5 dalla periferia – di Alfredo Nudi dal Portone

di Alfredo Nuti (dal Portone) *

Quando capita di confrontarsi con amici e colleghi in merito ai dischi più importanti della “storia della musica”, mi rendo conto che la mia misera formazione come ascoltatore è avvenuta nei pochi modi consentiti a un ragazzo mezzo drogato, della periferia lontana, senza connessioni, né mondo, né negozi di dischi. Non è una captatio –  oltretutto non petita – ma all’epoca in cui si ha ancora animo di farsi degli idoli i miei erano gli stessi di tutti, e non hanno, se si parla di una biografia d’ascoltatore, nessun carattere interessante: Nirvana, Led Zeppelin, eccetera. Mi fa sorridere sentire che qualche mio coetaneo possa avere, che ne so, “Dr. John” tra i propri ascolti seminali. Per me sono racconti esotici, “di città”, nell’ipotesi benevola che non si abbia davanti un millantatore – ipotesi alla quale tendo a credere, ad essere sincero, con molta  facilità. All’università il fatto di frequentare intellettuali e di lavorare assieme a gente più grande, ha certamente migliorato la situazione, senza tuttavia modificarne la sostanza, che è sempre consistita in un generale disinteresse nei confronti della musica leggera e dei suoi eroi. Nei casi migliori,  in una certa ripugnanza di doverne parlare. Normalmente se un disco mi piace ascolto per un anno quello, tutto il giorno, senza sentire nessun bisogno di sapere di più dell’artista e dei suoi cazzi di vita. Infine trovo poco estetico imparare a memoria biografie e discografie altrui. Di alcuni ascolti fondamentali per la mia vita ignoro il nome dell’autore, e della maggior parte degli autori conosciuti se essi siano ancora tra noi, o se siano tra i “discesi”.  Date queste premesse incoraggianti passo dunque alla mia top five.
Jovanotti – La mia moto (1989)

Lo ascolto ancora con entusiasmo, l’unico rapper italiano ad aver fatto qualche cosa per l’integrazione di questa musica con qualcosa che fosse Italiano. Il disprezzo generale delle falangi rockettare e alternative nei confronti del suo insopportabile buonismo è sempre stato  comprensibile solo alla luce dell’art rock come posa senza nessuna sostanza. Cose che sappiamo già, insomma.

Igor Stravinskij – Oedipus Rex

Mi pare sia del ’28 , ma non ho voglia di vedere su Wikipedia. Senza spendermi in un poco referenziato commento sulla musica, posso dire che questo oratorietto sacramentoso è stato al centro di una mia rivoluzione nel modo di intendere la storia dell’arte e non solo (ai tempi dell’università beninteso, ora ho altri problemi anche più gravi). Tutto è perduto del nervo vivo delle tradizioni, e l’unica mossa che ci è concessa sta nell’utilizzare quel poco che del passato ci rimane come un oggetto tra gli altri, con rispetto, ma solo fino a un certo punto. Sulla cosa ho anche scritto,  passati  dieci anni credo che il reato cada ampiamente in prescrizione.
Latin Playboys – Dose (1999)

Uno dei primi album dove ho capito l’importanza del produttore. E poi David Hidalgo: lasciamo stare. Credo si tratti di un progetto nato quasi per scherzo e questo me lo fa piacere ancora di più perché contiene un concetto crudele: passiamo la vita a fare dei dischi dove investiamo tutte le nostre energie migliori; dischi destinati a non andare da nessuna parte, poi la prima cagata concepita in un quarto d’ora felice è l’unica destinata a rimanere. Succede spesso.
John Lennon – Plastic Ono band, del 1970, o giù di lì

Questo appartiene ai pochi amori totalmente irrazionali e incondizionati che ho, fin da bambino, quindi ho poco da dire in proposito. C’è una canzone sua per ogni momento della vita. Almeno della mia.
Fenn O’Berg – The magic sound of  fenn O’Berg (1999)

Christian Fennesz, Peter Rehberg e Jim O’Rourke. Le prime volte che senti queste cose pensi sempre che la colpa sia tua. Quando capisci che la colpa è la loro, cominci ad amarle sul serio. Per imbroccare fuori dal Dams era perfetto e sono pronto a scommettere che   funzionerebbe ancora.

 

* Classe 1981 di San Piero in Bagno, operativo dalla fine degli anni ’90 come chitarrista e arrangiatore all’interno di svariate realtà indipendenti e non, al momento attuale è chitarrista e arrangiatore per i Saluti da Saturno e Extraliscio di Mirco Mariani, e per il cantautore Giacomo Toni, oltre che nei Granturismo e per la pop band Jang Senato di cui è stato fondatore. È fondatore e compositore dei Supermarket, che hanno da poco pubblicato il loro primo vero e proprio album, “Portobello”. Assieme a membri di Nobraino e Duo Bucolico ha dato vita recentemente anche al progetto “Slavi, bravissime persone”, di cui parliamo brevemente nella pagina qui a fianco.

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