Sei colonne sonore di culto, tra b-movies, psichedelia e Morricone – di Chris Angiolini

di Christopher Angiolini *

Ho finalmente deciso di  accettare la sfida dei “consigli d’autore”. Il principale ostacolo da superare è stato quello di individuare il tema, il filo conduttore che avrebbe dovuto tenere assieme le mie scelte. Per evitare incontrollabili divagazioni, mi sono quindi imposto di restringere il campo a quel centinaio di vinili che tengo a portata di “braccio” del mio Technics 1200. In quel mucchio si trovano gli ultimi acquisti, gli ultimi ascolti o gli album che mi riprometto di riascoltare “prossimamente”. Nella suddetta pila c’erano ben sei colonne sonore, una delle mie tante passioni, per cui ho optato per questo sentiero, fatto di epifanie e tante piccole storie tra cinema e musica. Gli album di cui vado a parlare hanno tutti motivo di essere ricordati per un proprio valore oggettivo, allo stesso tempo, ad uno sguardo più attento, è sorprendente vedere come possano davvero tenersi l’un l’altro attraverso una serie quasi infinita di rimandi.

Procediamo in ordine cronologico e partiamo con The Wild Angels (1966).Un film sugli Hells Angels di Roger Corman, il grande maestro dei b-movies, con Peter Fonda e Nancy Sinatra. Si tratta di una serie di brani che fotografa con precisione i canoni musicali della west coast dei sixities, tra surf e proto garage composti da un allora giovanissimo Mike Curb ed eseguiti quasi tutti da Davie Allan and the Arrows.  I due si erano conosciuti alle scuole superiori e, mentre Curb farà carriera come discografico e politico, il secondo diventerà una figura di culto tra i chitarristi di mezzo mondo per essere stato tra i primissimi, e proprio con questo album, a spingere al massimo il sound del pedale Fuzz della sua chitarra, influenzando generazioni di musicisti che ancora oggi fanno uso massiccio di questo effetto simbolo di una certa idea di rock: superfuzz bigmuff, come titolavano i Mudhoney. Il film, presentato al festival di Venezia, divenne oggetto di un piccolo culto che sopravvive ancora oggi, mentre il main theme della colonna sonora scalò le classifiche di Billboard rimanendoci per ben 17settimane.  La nota più curiosa però ci rimanda a Mike Curb, un personaggio davvero tutto da scoprire, che oltre a ricoprire il ruolo di vice governatore della California tra il 1979 e il 1983, sarà anche l’autore della “sigla” della vincente campagna elettorale di Ronald Reagan nel 1980.  Sarà poi sempre il poliedrico Curb ad affidare agli Electric Flag di Mike Bloomfield  la colonna sonora di The Trip (1967), un altro film culto del solito Roger Corman, con la sceneggiatura di un allora giovanissimo Jack Nicholson, scelto proprio per la sua esperienza con l’Lsd, tema portante del “viaggio” in questione. Mike Bloomfield era reduce dalla storica esperienza con Bob Dylan che si esibì per la prima volta in elettrico sul palco del Newport Folk Festival sconvolgendo per sempre le fondamenta della musica folk. Registrò inoltre le parti di chitarra sul mitico ed epocale Highway 61 Revisited. Dopo questa esperienza Bloomfield decide di proseguire per la sua strada e forma The Electric Flag, An American Music Band di ben nove elementi, che esordirà proprio cimentandosi con la colonna sonora di The Trip. Uno straordinario “viaggio” negli abissi del rock, tra psych suite, jazz, be pop, momenti impro e rivisitazioni della tradizione americana.  Li ritroveremo poi nella colonna sonora di Easy Rider.
Arriviamo così al 1970 con Zabriskie Point, il controverso capolavoro “americano” di Michelangelo Antonioni, massacrato all’epoca sia dalla critica che dal botteghino.Oggi il film è un vero e proprio culto, ma la colonna sonora forse anche di più: il regista aveva infatti scelto i Pink Floyd per accompagnare le sue immagini lisergiche e la sua visione della controcultura statunitense, per poi ripensarci in fase di montaggio e scartare gran parte del materiale, sostituendolo con Jerry Garcia e i suoi Grateful Dead, The Kaleidoscope John Fahey, The Youngbloods, Patty Page e Roscoe Holcomb. Qui il livello dei protagonisti è davvero altissimo, una vera e propria carrellata di vibrazioni hippies che nella versione finale del film vede anche l’aggiunta di un brano dei Rolling Stones e uno di Roy Orbison, che poi non verranno inclusi sul vinile per motivi di diritti d’autore. Oggi è  finalmente possibile recuperarne una versione aggiornata con tutti i brani che i Pink Floyd avevano composto per la pellicola. Gli stessi Pink Floyd che qualche anno dopo rifiuteranno la chiamata di Dario Argento costringendolo a ripiegare sugli sconosciuti Goblin di Claudio Simonetti per Profondo Rosso (1975), che diventerà, anche grazie al suo tema principale, un successo planetario.  Passiamo così a Suspiria (1977), capolavoro  di Dario Argento di nuovo in team con Claudio Simonetti, il quale toccherà il punto più alto della sua carriera artistica. La felice intuizione di Argento fu quella di voler passare a un suono più moderno che accompagnasse il nuovo corso del suo cinema sempre più contaminato dal fantastico e dal soprannaturale, un sound che ruotasse attorno all’uso di nuovi macchinari, come i synth analogici, in particolare il Moog di cui Simonetti faceva uso abbondante. Sia il film che la colonna sonora segnano un punto di non ritorno per la storia del cinema horror e delle musiche per il grande schermo, introducendo temi ancora attualissimi se pensiamo, ad esempio, ai chiari riferimenti di Neon Demon, l’ultima fatica di Nicholas Winding Refn, e la relativa colonna sonora  ad opera di Cliff Martinez che omaggia apertamente le musiche dei Goblin.Arriviamo così ai giorni nostri, all’ultimo vinile che mi capita tra le mani, quello che  raccoglie in sé tutta l’essenza del cinema e delle Musiche Da Film. 2015 ,The Hateful Eight, l’ultimo capolavoro di Quentin Tarantino con la colonna sonora originale composta per l’occasione dal maestro dei maestri Ennio Morricone, il quale, dopo anni di corteggiamenti, cede alle lusinghe del re del pulp.Doppio vinile, che in versione deluxe esce per la Thirdman di Jack White, il quale affianca le musiche del maestro con un suo brano. Lo stesso fa Roy Orbison, che ritorna per la seconda volta in questo nostro viaggio. Continuando ora nel percorso a ritroso potrei proseguire dicendo che lo stesso Tarantino avrebbe dovuto interpretare il ruolo del suo idolo Roger Corman nel biopic a lui dedicato, oppure ancora dicendo che sempre lo stesso Tarantino aveva partecipato alla consegna dell’Oscar alla carriera per Michelangelo Antonioni nel 1995, mentre, facendo un altro passo indietro, possiamo ricordare che Ennio Morricone (in persona) si era occupato della colonna sonora dei primi tre film di Dario Argento. A mio avviso, poi, la “chicca” dell’album è quel traditional australiano “Jim Jones At Botany Bay“ cantata magistralmente da Jennifer Jason Leigh, pizzicando quella Gibson da museo che verrà poi letteralmente distrutta da Kurt Russell qualche attimo dopo, credendo fosse solo una copia di scena.

* Emanuele ‘Cristopher’ Angiolini, classe 1972, è da sempre legato alla scena musicale del territorio, prima come dj e discografico, poi come direttore artistico. Nel 2003 fonda Bronson Produzioni con cui ha portato Ravenna nella mappa dell’indie-rock mondiale grazie all’attività dell’omonimo club di Madonna dell’Albero e a quella del bagno Hana-Bi, a Marina di Ravenna. Dirige festival di caratura internazionale come “Beaches Brew” e “Transmissions”.

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