Ho recuperato un bel documentario musicale uscito in primavera: Going Underground di Lisa Bosi, dedicato al gruppo punk e new wave bolognese dei Gaznevada. Lisa Bosi è alla sua seconda regia, preceduta dal bel Disco Ruin del 2021, viaggio nel mondo delle discoteche anni ‘70 e ‘80 delle quali oggi sopravvivono per lo più solo ricordi in forma di antiche “rovine”.
I Gaznevada sono stati uno dei gruppi capostipiti della scena musicale italiana. Nati nella Bologna del 1977, in quella irripetibile situazione in cui politica, arte e cultura entrarono in cortocircuito, ma fecondandosi a vicenda; un momento storico e culturale certamente fatto di tumulti, violenza e ribellione, ma anche di grande fermento e strepitosa creatività, dove i fumetti di Andrea Pazienza si facevano accompagnare dalle chitarre dei primi gruppi punk inglesi e le radio locali erano laboratori in cui moltiplicare le arti e le influenze reciproche. In questo clima culturale nascono i Gaznevada, il cui nome è dadaisticamente ispirato a un racconto di Raymond Chandler in cui si ricorda che l’acido cianidrico è usato come gas per le esecuzioni capitali nello stato americano del Nevada. I Gaznevada hanno fatto la storia della musica italiana, nelle loro varie evoluzioni dal pust punk dei Ramones alla new wave anglosassone alla Talking Heads, fino alla electro dance anni ‘80.
Questo documentario Going Underground ha il grande merito di raccontare con sincerità e rispetto la scena bolognese dell’epoca e la nascita e l’evoluzione del gruppo musicale, le vicende umane e artistiche di loro e di altri ventenni dell’epoca che inseguirono i loro sogni e le loro utopie, abitando e lavorando in quella che i Gaznevada chiamavano Traumfabrik, “fabbrica dei sogni”, insieme al fumettista Filippo Scozzari, mostrando come un altro mondo fosse possibile al di là dell’alienazione sociale e culturale che esplose in quegli anni. E però è anche un film dalle scelte precise e rigorose di sceneggiatura e regia: il mix classico di filmati d’epoca e interviste odierne è raccontato secondo un montaggio quasi da film espressionista; l’odierno è visto con inquadrature liriche, come se il tempo trascorso abbia creato sfumature di bellezza classica in quel magma virulento e situazionista del passato; il film evita la rigorosa narrazione biografica e lineare, non nascondendo le paure e il disorientamento dei protagonisti dei Gaznevada, il dolore per la morte di un componente storico della band. Un bel film che si conclude citando il fumetto Pompeo di Andrea Pazienza come ultima immagine dei Gaznevada e di tutto quel periodo storico.