Ho appena visto un buon film italiano che mi ha sorpreso in positivo: Le città di pianura del bellunese Francesco Sossai, presentato a maggio 2025 nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2025. Il regista Sossai esordì nel 2021 con l’horror “antropologico” Altri cannibali, che non ho visto, ma di cui ho letto bene, film ambientato in Veneto, come lo è Le città di pianura.
I protagonisti sono due 50enni veneti: Carlo, detto Carlobianchi tutto attaccato, interpretato da Sergio Romano; e Doriano, impersonato da Pierpaolo Capovilla, che è anche musicista (leader delle band anni ‘90 One Dimensional Man e Teatro degli Orrori). Carlo e Doriano vivono alla giornata da bar in bar, sempre a bere una ombra de vin, uno spritz o una bireta, alcolisti militanti di quelle osterie sparse ovunque in Veneto, in mezzo a quella che una volta era campagna e che negli anni si è trasformata in una sequenza anonima e ininterrotta di paesini fatti di villette a schiera e piccole industrie artigiane. Uno di questi eterni giorni è però speciale: devono andare all’aeroporto a prendere il loro vecchio amico Eugenio detto Genio (Andrea Pennacchi, famoso per il personaggio televisivo e teatrale Il Pojana). Il Genio scappò tanti anni fa in Argentina, perché aveva truffato la fabbrica di occhiali per la quale lavorava; e Carlo e Doriano ancora ci credono che il Genio sia tornato per riprendersi il “tesoro”che ha sepolto tanti anni fa… Nel loro avvicinarsi all’incontro con il Genio, conoscono il giovane Giulio, studente di Architettura timido e insicuro, che si unisce al loro viaggio e impara, in qualche modo, a vivere come loro, alla giornata…
Le città di pianura non è un film perfetto: spesso la storia sembra dilatata e ripetuta nei suoi episodi, allungata in eccesso come per arrivare a tutti i costi alla sindacale durata di 100 minuti; ma è comunque un film dal grande fascino. Un viaggio picaresco, donchisciottesco nelle dolci velleità dei protagonisti; un bel on the road ambientato nella piatta pianura veneta con la velocità rallentata dal troppo alcool e dalla paura dell’etilometro, dove le praterie del sogno americano sono sostituite dalle statali italiane affollate di camion. Il sogno del “ricco e laborioso” Nord-Est non è mai stato come il sogno americano: come ne Il sorpasso di Dino Risi, opera di riferimento, il viaggio è il luogo dove perdersi, dove incontrare casualmente il mondo; anche perché il culto del lavoro e dei soldi (gli sghei), mantra laico dell’antica religiosità settentrionale, è evaporato nelle pieghe del nuovo sistema economico che ha tradito tanti lavoratori come Carlobianchi, Doriano e Genio.