Dal Festival del Cinema di Roma è appena arrivato in sala l’ultimo film del regista francese Luc Besson: Dracula – L’amore perduto, ovviamente dedicato alla figura del classico vampiro per eccellenza. Luc Besson ha una lunga e altalenante carriera fatta di alcune opere geniali e di culto e di altre sinceramente solo ipertrofiche e barocche. I suoi esordi comprendono un cinico e irriverente film di fantascienza post apocalittica Le dernier combat (1983) e due noir eccelsi come Subway (1985) e l’ormai classico Nikita (1990, storia di una reietta trasformata in spietata agente segreta), per poi proseguire in produzioni sempre più costose e sfarzose, a volte molto interessanti ma più spesso senza grande anima, sempre tra il genere fantasy de Il quinto elemento (1997), la storia francese con Giovanna d’Arco (1999), il noir di Cose nostre – Malavita (2013) e Anna (2019), ma anche con le animazioni di Arthur e il popolo dei Minimei (2006). L’ultimo film che avevo visto fu il bel Dogman del 2023, storia dolente, tragica e dura: un noir di solitudine e vendetta con protagonista un ottimo Caleb Landry Jones, che qui ritorna protagonista come interprete appunto di Dracula.
Diciamo subito che Besson in questo film prende come riferimento narrativo ed estetico uno dei massimi capolavori vampireschi, e cioè il Bram Stoker’s Dracula di Coppola. La storia rimane fedele al libro originale: la genesi di Dracula come disperazione di fronte alla morte della donna amata, nonostante la sua lotta contro gli infedeli, evidenziando ancora di più il lato romance del Vampiro all’eterna ricerca della reincarnazione della sua amata Elisabeta, che ritrova finalmente nella bellissima Mina, con l’aiuto della vampira Maria (Matilde De Angelis); ma sempre inseguito dal prete cacciatore di vampiri, il sempre eccelso Christoph Waltz. Tutti gli attori lavorano molto bene, ed è l’unico elemento ammirevole e coerente del film. Questo Dracula di Besson elimina ogni tratto perturbante e filosofico, scatenandosi in un vortice stilistico e spettacolare per lo più fine a se stesso. Gli elementi classici ci sono tutti, tra denti canini, sangue e gargoyle; alcune variazioni potevano portare a qualcosa di più (vedrete il ruolo che il profumo ha nella storia); ma nel complesso il lato horror si sbiadisce sempre di più a favore di un fantasy pittorico ed eccentrico, con molto kitsch e poca arte, con un tentativo malriuscito di inserire elementi umoristici. L’impressione è che Besson abbia esplicitamente preso il Dracula di Coppola per dirci io lo farò migliore. Il che fa un po’ sorridere, perché non si capisce né il senso di partenza, né l’arrivo di questo dimenticabile e deludente kolossal.



