E’ il 1915. Einstein ha dieci anni in più del giovane fisico rivoluzionario e perfettamente sconosciuto che nel 1905 ha sconvolto il mondo scientifico pubblicando, a distanza di pochi mesi, la relatività ristretta, la spiegazione dell’effetto fotoelettrico (che gli varrà il Nobel nel 1921) e un altro paio di articoli fondamentali per la fisica dei decenni futuri.
Anche se ancora molto giovane, ha 36 anni, è un punto di riferimento mondiale per il mondo scientifico. Si è trasferito da Zurigo a Praga, per poi diventare direttore dell’Università di Berlino.
Ha sposato la compagna di corso Mileva e hanno due figli. E’ un rapporto difficile e si separano. Lui poi si sposerà con una sua cugina, Elsa Einstein.
E pensa ad un problema che non esiste.
La gravità, come l’ha descritta Newton tre secoli prima, è in piena salute. Due corpi dotati di massa si attraggono con una forza inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Con essa si descrivono con successo tutti i fenomeni di caduta-lancio-volo sulla Terra così come il moto dei corpi celesti: luna, pianeti, comete….
Non c’era alcun motivo per pensare alla gravità. Non c’erano domande cui rispondere, né contraddizioni da superare, né osservazioni non previste da spiegare. Oddio, in realtà c’era una minuscola discrepanza tra previsioni e osservazione nel periodo di precessione dell’orbita di Mercurio: 42” di grado (una frazione di grado) di differenza ogni secolo.
Onestamente nessuno stava perdendo il sonno sopra questo problema.
Einstein non pensa a Mercurio, ma ragiona sulla “caduta libera”, ovvero quella condizione in cui si è soggetti soltanto alla forza gravitazionale. In un ascensore in caduta libera ogni oggetto cade con la stessa accelerazione e si fluttua nella cabina tutti allo stesso modo, indipendentemente dalla propria massa (prima di schiantarsi, s’intende, ma questo lo trascuriamo). Quindi non è possibile rendersi conto della “caduta” solo osservando chi è altrettanto in caduta libera. Si rende conto che in caduta libera non si avverte il peso. La simulazione dell’assenza di peso in prossimità della Terra tutt’ora si fa con aerei che seguono particolari traiettorie che sfruttano questo effetto.
Fin qui niente di sconvolgente.
Genio è colui che vede ciò che tutti vedono, ma pensa ciò che nessuno ha mai pensato prima.
Da questa osservazione piuttosto banale sulla caduta libera, Einstein ipotizza che la gravità non sia una vera e propria forza, ma un forza fittizia dovuta al sistema di riferimento.
Seguendo il filo del ragionamento, QUINDI i sistemi di riferimento inerziali (quelli dei corpi che si muovono senza che su di essi agiscano forze) sono quelli in cui i corpi si muovono in caduta libera. Se ci ostiniamo a descrivere il mondo attorno a noi su sistemi di riferimento non in caduta libera, compaiono forze non reali, che abbiamo per secoli chiamato gravità, ma che di fatto non è dissimile alla forza che ci spinge in avanti quando il treno frena, di lato quando l’auto curva, o che ci spinge fuori dalla giostra che gira intorno….

La relatività va riaggiornata per la seconda volta in pochissimi anni, per soppiantare la prima versione einstiniana in quei casi in cui vi è gravità (o meglio, presenza di masse) e non può essere trascurata. E spesso può realmente essere trascurata: a differenza di quanto uno possa pensare, tra le 4 forze fondamentali la gravità è di gran lunga la più debole. Come già ricordato basta un minuscolo magnete per vincere la forza gravitazionale esercitata su un chiodo di ferro da tutto il pianeta. In quasi tutti gli esperimenti in cui sono coinvolte forze nucleari la gravità può essere tralasciata anche se gli esperimenti sono fatti sulla Terra.

La gravità secondo Einstein non è una forza, ma geometria dello spazio-tempo. La presenza di masse distorce lo spazio attorno ad esse e i corpi si trovano a muoversi su una geometria determinata dalla presenza delle masse. Mentre con Galileo i corpi non soggetti a forze si muovono di moto rettilineo uniforme, quelli di Einstein si muovono lungo le linee geodetiche, ovvero i percorsi più brevi, in una geometria deformata dalla presenza delle masse stesse. Si seguono le traiettorie rettilinee di Galileo solo quando non ci sono masse attorno a distorcere lo spazio.
Un teoria affascinante, elegante, visionaria, bellissima.
E molto complessa dal punto di vista matematico. Einstein non ha le conoscenze necessarie e si butta a studiare matematica come un forsennato. Dichiarerà di avere avuto grandi difficoltà e ringrazierà più volte i matematici che studiarono la geometria differenziale, che gli era vitale per sviluppare la sua intuizione. Tra essi Gregorio Ricci Curbastro, lughese, che Einstein volle omaggiare nel suo unico viaggio in Italia visitandone la tomba.
Appena inizia a padroneggiare lo strumento matematico, Einstein calcola la precessione di Mercurio secondo la sua teoria, e quasi per magia ricava quei 42” di grado che non tornavano.
La teoria di Einstein, oltre ad essere bella ed elegante, rischia pure di essere giusta.