Le case in argilla? Si stampano in 3D tra i frutteti di Massa Lombarda

BigDelta, la stampante 3D più grande del mondo. Foto @LaStampa.it

BigDelta, la stampante 3D più grande del mondo. Foto @LaStampa.it

WASP ha presentato BigDelta, il primo prototipo di stampante 3D per la costruzione di case in argilla durante una tre giorni di conferenze su droni e pale eoliche, su progettazione neurolinguistica e protesi biomediche, workshop di progettazione e di scrittura creativa, teatro, musica, cibo, yoga, tutto nella campagna di Massa Lombarda.

Diverse centinaia di persone hanno raggiunto questo luogo insolito provenendo da tutta Italia, da Torino a Matera. C’erano imprenditori, giovani che vogliono mettere su un progetto, meno giovani che cercano nuovi sbocchi, persone che lavorano in start-up o aziende innovative, coordinatori di incubatori d’impresa, oltre a giornalisti e fotografi. Molti semplici curiosi dai paesi vicini, molti i massesi orgogliosi per i riflettori accesi sul loro paese.

Come definire questo evento? Un raduno, un congresso, un meeting? “ Questa per noi è una festa” dice Massimo Moretti che di WASP è fondatore “perché stiamo realizzando il sogno da cui siamo partiti”.
Tutto nasce tre anni fa da una sua idea: che si possano stampare case fatte di argilla e paglia con una stampante 3D, e che si possa fare con pochissima energia. A tre anni di distanza nell’azienda che ha creato lavorano 20 persone e la stampante per case sta diventando realtà: BigDelta è in grado di creare semplici moduli abitativi in argilla e paglia consumando quanto un tostapane. E il prossimo obiettivo è alimentarla totalmente a energia solare.

BigDelta

BigDelta

BigDelta è alta 12 metri. E’ stata montata per la prima volta vicino a un campo di albicocchi. Poco distante, tra i lecci, sono sistemati tavoli e sedie: ci sono il punto ristoro, il meeting point e una serie di tavoli dove le stampanti 3D più piccole sfornano oggetti, mentre tecnica e funzionamento sono illustrate ai curiosi dai makers di WASP. Cosa sono i makers? “Sono gli smenettoni”, mi risponde un ragazzo alto coi boccoli che veste la maglietta dell’azienda.
In WASP gli ingegneri sono pochissimi, la maggior parte sono makers: gente che prova e riprova come far funzionare le cose, come stampare ciò che hanno in testa. In WASP l’errore non esiste, è solo un passo ulteriore verso la soluzione dei problemi. I limiti di competenza interni li risolvono collaborando con università o esperti esterni.

WASP è partita con budget minimi e si sostiene con la vendita delle stampanti più piccole, che permette di finanziare la ricerca su BigDelta e altri progetti visionari. L’acronimo che si sono scelti World’s Advanced Saving Project non lascia spazio a fraintendimenti: l’intenzione è quella di migliorare il mondo partendo dai bisogni fondamentali. Per questo dopo la casa a costo zero, immaginano di affrontare il problema del cibo (progetto di orti verticali), della salute (protesi biomedicali), dell’energia (eolico con moti turbolenti).

Intelligenza condivisa, sostenibilità energetica, modello aziendale orizzontale…queste parole qui si riappropriano del loro significato originale e la distanza tra il dire e il fare è azzerata. La parola innovazione di cui si è abusato negli ultimi anni, in tre giorni non è mai stata pronunciata. In WASP si pensa molto ma non si indugia nell’esercizio retorico, si passa subito all’azione.
“Alla romagnola, senza tante storie” chiude sbrigativamente Massimo Moretti.

di Serena Fagnocchi

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