Il ritardo via via accumulato nell’uscita della terza parte della Trilogia del Neutrino con le conseguenze dell’esperimento di OPERA, mi ha permesso un tempismo quasi favoloso. E’ di ieri infatti la notizia che il sensazionale risultato secondo cui i neutrini viaggerebbero più veloci della luce sarebbe sbagliato. E sbagliato per un’anomalia nel funzionamento della strumentazione. Traducendo: un banale errore.
Da ieri leggo e sento giornalisti riportare la notizia accompagnandola con scherno. Io lo trovo assolutamente fuori luogo, indice di superficialità ed ignoranza, poiché quello dell’errore nella strumentazione (di una complessità difficile anche solo da immaginare), alla quale sono richieste prestazioni superiori a qualunque limite a cui siamo abituati, e tutto costruito ad hoc e montato dai ricercatori, era tra tutte le possibilità di gran lunga la più probabile. Anche se la meno intrigante.
Eravamo arrivati a sottolineare come prima di giungere a qualunque tipo di conclusione, occorre che i risultati siano verificati, ripetuti, passati al vaglio della comunità scientifica internazionale e confermati da laboratori indipendenti. E questo proprio al fine di eliminare errori banali, errori sistematici o addirittura malafede: è successo anche che rinomati laboratori inventassero di sana pianta dati sensazionali, scoperti solo fortuitamente anni dopo!! (alcune rinomate riviste sono ancora lì a chiedere scusa ad ogni uscita).
Solo dopo aver passato tale vaglio, il risultato può dirsi acquisito. Ciò significa che tale vaglio è fondamentale e, ad ora, si vede che funziona.
Una parte cruciale della verifica di un risultato sta poi nel confronto coi risultati precedenti, cosa che è stata portata avanti in questi mesi e che trovo interessante riportare.
Per esempio negli USA neutrini apparentemente superluminali erano già stati osservati in un esperimento alcuni anni fa. Ma si trattava di un dato poco preciso per il quale non era possibile escludere, dall’analisi dell’errore (cioè dell’incertezza relativa ad ogni misura, analisi cruciale in ogni esperimento), che il risultato non fosse compatibile con le attese.
Il dato forse più significativo era questo: nel 1987 fu osservata l’esplosione di una supernova nella nostra Galassia. Le supernove sono stelle molto massive che al termine della loro evoluzione esplodono rilasciando enormi quantità di energia sotto forma di radiazione elettromagnetica (luce, raggi gamma, ecc…), di neutrini e altre particelle. I neutrini e i fotoni in arrivo sulla Terra dopo l’esplosione viaggiarono nel vuoto per 150 anni luce prima di essere osservati. (Quindi in realtà l’esplosione è avvenuta 150 anni prima, eh).
Prendendo per buoni i risultati di OPERA i neutrini sarebbero dovuti arrivare 3,7 anni PRIMA dei fotoni, mentre in quel caso non erano state osservate discrepanze rispetto alle attese, gettando grossi dubbi sul risultato di settembre.
Un’altra interessante osservazione era stata avanzata dai fisici Cohen e Glashow, quest’ultimo uno dei padri del Modello Standard, per cui ha anche ricevuto il Nobel: essi avrebbero dimostrato che un qualsiasi neutrino che superasse la velocità della luce irradierebbe energia, lasciando dietro di sé una scia di particelle più lente. Queste non sono state osservate nell’esperimento di OPERA (ma qualcuno le aveva cercate?) e quindi anche questa osservazione faceva dubitare della correttezza delle misurazioni.
Vorrei aggiungere un ulteriore commento. A settembre ho trovato spropositata l’enfasi sulla morte della Relatività a seguito della pur sorprendente misura di OPERA. Anche se fosse stata confermata, prima di mandare in pensione la Relatività di Einstein ci sarebbe stata una moltitudine enorme di altre possibilità. La Relatività di Einstein è infatti ben più di una semplice teoria, ma il “campo di gioco” stesso su cui si costruiscono le teorie. A naso, direi che la Relatività è come il maiale: non si butta via niente. Ancora per un bel po’ almeno.
Il campo è ancora in grande fermento e anche la notizia dell’errore dovrà essere confermata.
Ricordo la cautela con cui gli scienziati di OPERA annunciarono la loro misura, increduli loro per primi, chiedendo alla comunità scientifica nazionale di aiutarli nella verifica. Ora la stessa cautela va mantenuta finché non ci sarà consenso internazionale sulla vicenda.
E per quello occorre tempo, obiettività e sangue freddo.
Ma il risultato per me più confortante e sempre stupefacente è che la Scienza mostra una volta in più di possedere al suo interno gli anticorpi per riconoscere da sé gli stessi errori che compie e possiede fondamenta solide. E con questo controllo continuo, a piccoli e grandi passi, si rigenera.
L’esatto contrario dei quanto avviene in altri ambiti, che mirano all’autoconservazione, all’autoesaltazione e che nascondono gli errori invece di cercarli e correggerli.
Come ho trovato esagerate le affermazioni di settembre che accompagnarono la notizia della fenomenale misura, anche ora occorre cautela.
La Scienza si nutre di dubbi, non di certezze.
Tutto sta procedendo in maniera lineare.
E a chi lamentasse la “figuraccia” dovuta all’errore, ricordo quanto detto da Frank Wilczek, premio Nobel per la Fisica nel 2004: “Chi non commette grandi errori significa che non sta lavorando su grandi problemi. E questo è un grande errore”.
Vi terrò aggiornati.