C’è un vecchio esempio di come si potrebbe rimediare al degrado… Certo è proprio lontano nel tempo, una trentina d’anni fa e forse le condizioni sociali e le circostanze non sono le stesse per cui si sta continuando a discutere (e polemizzare) sulla condizioni pietose e “di sicurezza” in cui versano i giardini Speyer. Ma vale la pena di rievocarlo: si tratta dei Giardini Pubblici che, a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, erano diventati terra di nessuno, abbandonati a se stessi, a bande di spacciatori e tossicodipendenti, con contorno di “lucciole” sul viale circostante. Allora Ravenna era tristemente famosa, fra le città di provincia, per l’alto numero di eroinomani. Certo intervenivano anche le forze dell’ordine per reprimere il fenomeno ma quando si ha a che fare con persone allo sbando non basta. Il fenomeno fu contrastato anche alla radice con i progetti sociali di recupero per tossicodipendenti, ma furono avviate anche iniziative di ripristino di decoro del luogo e di rivitalizzazione dell’area. Cura e piantumazione del verde, recinzione, riapertura di un punto di ristoro allo chalet, attività del Planetario, animazioni per bimbi, eventi e spettacoli. Ci sono voluti diversi anni ma come dice il proverbio “chiodo scaccia chiodo“, quello nuovo e buono ha levato quello cattivo e arrugginito e i ravennati si sono riappropriati dei Giardini Pubblici. Un’azione tenace e continuativa che ha coinvolto tutti, dalle istituzioni ai cittadini. Un investimento civile per migliorare la qualità della vita di una zona strategica della città. Perché non tentare un percorso simile anche per i giardini della stazione? Le condizioni ci sarebbero tutte. L’alternativa, come propugnano gli assertori della teoria “a mali estremi estremi rimedi”, sarebbe la progressiva “militarizzazione” della zona. Ma a quale prezzo?
Condividi