sabato
14 Giugno 2025
Rubrica Il Bombolone

Commento sui commenti

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Mai come nel caso dell’attentato a Casadio e alla sua famiglia sono stati tanto deplorati i commenti dei lettori apparsi sul nostro sito…

Come direttore del giornale, una tantum, approfitto di questo editoriale quotidiano, con una riflessione più ragionata e lunga del solito. Perdonatemi ma quando ci vuole ci vuole [Fausto Piazza]

In redazione abbiamo ricevuto nelle ultime ore richieste di “tenere d’occhio“ o ancora più esplicitamente di “censurare“ certe esternazioni apparse in coda agli articoli che abbiamo pubblicato. C’è chi ha anche messo in dubbio l’opportunità di “aprire“ i commenti sul caso, come si trattasse di un fatto di cronaca nera e non avesse a che fare con l’orribile clima politico e sociale che stiamo vivendo. Sono richieste comprensibili, di fronte alla gravità dell’accaduto e allo sconcerto e all’inquietudine che ha provocato. Come giornale – senza se e senza ma – la mattina di venerdì 24 maggio, appena saputo del fattaccio, abbiamo espresso in questa rubrica la piena solidarietà a Claudio Casadio come persona e figura delle istituzioni. La sua appartenenza politica può anche non piacere ma non è macchiata da alcuna ombra, e merita tutto il nostro preventivo sostegno. E negli articoli di cronaca abbiamo lasciato liberi i commenti immaginando che potessero arrivare altre testimonianze di solidarietà (oltre a quelle ufficiali) e riflessioni ponderate sulla vicenda. Se questo è avvenuto solo in parte e in alcuni casi ci sia stata ben poca ponderazione, vogliamo ribadirlo, non ha nulla a che fare con la linea editoriale del nostro giornale che condanna l’attentato fermamente e incondizionatamente. Da tempo abbiamo scelto di ospitare sul nostro sito un commentario completamente libero, senza filtri preventivi, e di “bannare“ solo i commenti ingiuriosi, diffamatori o che spacciano false notizie, come dettato dalla legge. Quando censuriamo, quasi sempre, lo scriviamo esplicitamente, motivando il perché. Se in qualche caso, per ragioni tecniche o tempistiche, ci è sfuggito qualcosa ci scusiamo per l’inefficienza, ma non certo per cattiva volontà o secondi fini.

Però, data questa scelta, e dato il già labile confine giuridico che dirime cos’è falso, ingiuria o diffamazione, risulta evidentemente impossibile arbitrare (e quindi scegliere) i commenti sulla indefinita linea di confine dell’insinuazione e della tendenziosità, dell’ironia e del sarcasmo, dell’invettiva e dell’indignazione. È una questione di sensibilità certo, ma non può prescindere dal libero pensiero. C’è la piazza virtuale e quella reale (per strada, nei bar, negli uffici, nei momenti conviviali e in mille altri luoghi della vita quotidiana). I pensieri – pure cattivi, sgangherati, iperbolici, paradossali, pregiudiziali – scritti su di un sito fanno scandalo, sono spiacevoli e brutali, ma se pronunciati nel mondo reale, come avviene puntualmente, sono trascurabili.

Allora? È un problema di esposizione mediatica? Molto probabile. Per molti, colpiti da questa evidenza non gradita, vale ancora la percezione consolatoria del “occhio non vede cuore non duole” che maschera l’illusione del “quello che non appare non esiste”. Atteggiamento che, per la politica, per chi governa e quant’altri regoli o influenzi la comunità in cui tutti viviamo, equivale alla supponenza di un rango superiore a cui il “popolo bue” non può (né deve) accedere. Soprattutto non deve sapere (o sapere solo in parte).

Allora per non dis-turbare qualcuno si dovrebbe silenziare tutti – o al meglio selezionare i consenzienti? Democrazia dall’alto? Oligarchia dei saggi? Tirannia illuminata? C’è una influente scuola di pensiero fra i detentori del potere reale (piccolo o grande che sia) che ritiene più utile che l’umanità e le comunità siano ignare e docili. Una ideologia trasversale che sta meditando a livello globale e via via a livello locale come mettere la museruola alla libertà del web. Libertà assai imperfetta, con innumerevoli scorie, difetti, strumentalizzazioni… che però resta pur sempre uno spazio immenso di partecipazione e di scambio non utilitaristico del sapere e della discussione. 

Noi che abbiamo sempre lavorato per la libera informazione crediamo semplicemente nell’assunzione di responsabilità. Da una parte di chi, avendo la delega di un rango di governo, può e deve abbassarsi ad ascoltare chi li ha delegati (nessuno escluso) ma dall’altra, anche di chi commenta, spesso senza “metterci la faccia”.

Crediamo che siano i contenuti a qualificare la reputazione, ancorché anonima, di chi commenta. Questa è la logica del web 2.0 (facebook, twitter, e altri nuovi media popolari inclusi). Infine, c’è la legge, da cui non si scappa. Non è la prima volta che autorità di indagine ci chiedono di fornire i dati di qualche anonimo che si è iscritto fra i commentatori del nostro sito e ha esternato senza scrupoli il suo pensiero – probabilmente bilioso, offensivo o forse semplicemente campato in aria. Si tratta di richieste istituzionali a cui non possiamo ne vogliamo sottrarci: noi mettiamo a disposizione uno spazio libero, ognuno pesi le parole (“che sono pietre”) come reputa, ma ne calcoli le conseguenze. È avvertito.

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