Non la legge elettorale proprio l’animale. Quello che grufola e fornisce prosciutti, salsicce e altre delicatessen. Per questo da molti è apprezzato ma peraltro non ha un buona reputazione. Quadrupede domestico metafora di vizi e bistrattato dagli uomini, invece ha una sua nobiltà, Soprattutto se è di razza e ha tradizioni di libertà in natura. Come la Mora, un maiale autoctono delle colline di Romagna, che fino a pochi anni fa era sull’orlo dell’estinzione. Grazie a una certa sapienza e saggezza contadina, la progenie della Mora è stata salvata “last minute“ e ora è al centro di un encomiabile progetto di filiera agro-gastronomico che vede protagonisti due imprenditori ravennati: Leonardo Spadoni – già noto per i suoi mulini e la produzione di alimenti tipici e biologici – ed Emilio Antonellini, esperto allevatore e vera e propria autorità in campo zootecnico. Antonellini non è solo un’uomo d’affari: colto studioso del settore, promotore della tutela della cultura rurale locale, già delegato ravennate dell’Accademia Italiana della Cucina, ha una visione appassionata dei maiali come creature rispettabili, ben di dio da salvaguardare, ben trattare, e sfruttare con cautela senza costrizioni intensive. Come nell’allevamento realizzato a Zattaglia di Brisighella dove crescono allo stato semibrado, dotati (si fa per dire) di massima libertà e tutti i comfort. Per Antonellini questa specie di maiale non solo è buonissimo, consumato il suo destino, ma è anche bello: «è snello e slanciato, orecchie piccole, musetto prominente, pelo nero o rossiccio» Un animale di razza veramente grazioso questa Mora Romagnola… altro che Dudù
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