Erri de Luca e il cervello “ruminante”

Un libricino esile esile è questo ultimo Erri de Luca per una lettura che è come una passeggiata nella natura non troppo faticosa per un abitante “urbano”. Un racconto semplice, soprattutto un’occasione per riflessioni più o meno profonde sul tempo, l’essere umano, l’invecchiare.

A confronto ci sono due re dei camosci: il camoscio più forte, quello che in duello è riuscito ad affermarsi nel branco senza mai essere più sfidato e il bracconiere, il cacciatore che vive di camosci. Un uomo che ha trovato rifugio in montagna, nel bar del paese suona l’armonica per non dover rispondere a domande. È un uomo senza. Cioè senza una donna. Il suo destino è legato a quello dell’animale, simbolicamente e anche fisicamente. Nel mezzo, pensieri esistenziali che viaggiano talvolta in pericoloso bilico tra il banale e l’universale. In questo libro c’è il silenzio della neve, il profumo delle donne, il santo e il bandito del paese. Ci sono gli scarsi sensi degli esseri umani compensati dal cervello. Un cervello “ruminante”, in grado di rimasticare informazioni e premeditare il tempo. Ecco, sono immagini come queste che rendono Erri de Luca comunque un autore da leggere e da tenere sul comodino. Perché a non farlo precipitare nell’abisso dello scontato e dell’ovvio c’è una lingua scolpita, precisissima, da vero esegeta della Bibbia qual è lui. Un libro come questo vale quell’aggettivo, “ruminante”.
Erri De luca, Il peso della farfalla, Feltrinelli

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