Come in quello delle Bermude anche a Ravenna c’è un un’area dove scompaiono misteriosamente idee, progetti, potenziali investimenti, pezzi di futuro. È un combinato disposto di tre punti letali che forma un buco nero vorace di slanci e iniziative. Una “zona morta”, inerte, dove si dissolve nella nebbia ogni orizzonte di novità.
Sono punti cardinali di decomposizione, concentrati di provincialismo, burocrazia e ideologia. Da una parte, la gretta tendenza locale alla conservazione e all’egoismo sociale e generazionale – che in termini economici ed imprenditoriali si traduce in posizioni di rendita e monopòli. Dall’altra, un apparato amministrativo ottuso e lumacoso, viziato da una pletora di regolamenti disgiunti e contradditori, che convergono verso il nulla assoluto. La terza sponda è un certo estremismo devoluzionistico, micragnoso e regressivo, che vagheggia una “felicità” senza sviluppo e innovazione o un’utopia sociale “sovvenzionata” senza se e senza ma.
L’avarizia, la paranoia e il velleitarismo alleati – loro malgrado – verso la vanificazione di ogni cambiamento.
All’esterno, una politica che se ne sbatte della polis e di governare il bene comune: ormai fa solo i conti dei voti e dei posti al sole (da quelli del condominio a quelli della Nazione, passando per quelli della Regione), ma c’è la nebbia…
E anche se qualcosa di vivace e stimolante, entrato nell’influenza nefasta del triangolo bizantino, riesce ad uscirne, avrà le sembianze di uno zombi. Cadaveri di buone intenzioni. Caricature o rassicuranti mezzemisure. Larvali variazioni al trionfo dello status quo.
Gli esempi dell’impotenza in atto sono molteplici: dalla Darsena al centro storico alle periferie, dagli spazi educativi a quelli sociali, di servizio e produttivi. Il buongoverno e la “concertazione“ di un tempo è ormai solo un mito: sopravvivono ancora ammirevoli eccezioni ma non spostano la tendenza al declino.
Sul rischio dell’immobilismo che potrebbe ipotecare il prossimo futuro della città, da tempo raccogliamo testimonianze e opinioni – e proprio all’indomani dello sforzo, purtroppo vano, di Ravenna 2019, insisteremo su questo fronte – per capire se la nostra comunità avrà la forza e le risorse per darsi una mossa.
È evidente che le migliori energie nate a Ravenna, prima o poi, coglieranno opportunità altrove. E i pochi che hanno l’ardire di investire, con un minino di buon senso, andranno a farlo dove conviene. Figuriamoci se ci sarà qualcuno da fuori disposto a metterci un becco di un quattrino in questa waste land.