In nome della trasparenza più totale dicono di essere pronti a farsi filmare durante il servizio. E per dimostrare che ne sono convinti hanno deciso di fornire i propri iscritti, in diverse città italiane tra cui anche Ravenna, di una penna spia che dal taschino della divisa può registrare audio e video di quel che accade davanti all’agente. L’iniziativa del sindacato autonomo di polizia, sostenuta con grande convinzione dai vertici locali, è lodevole. Ammirevole. Fatti dopo le parole. Sulla carta, sembra davvero un’operazione che potrebbe evitare il ripetersi di situazioni imbarazzanti per l’autorità e per la giustizia. Perché basta il dubbio per gettare ombre. E il sindacato lo sa. Non indugia: chiede che siano puniti con mano pesante gli operatori che sbagliano ma non si facciano sconti con i cittadini che in alcuni casi se ne approfittano. Per ora starà nella disponibilità volontaria del singolo poliziotto iscritto al Sap la decisione di accendere o spegnere la penna. In futuro forse sarà obbligatorio? Il Sap se lo augura. E di nuovo dimostra coerenza. E chissà cosa avrebbero raccontato le penne da 007 – se accese – dalle divise dei quattro agenti che fermarono Federico Aldrovandi a Ferrara, dei tre coinvolti nel caso di Stefano Cucchi, di quelli nel corteo Ast a Roma. Forse avremmo evitato il trascinarsi logorante di casi giudiziari e mediatici. Di certo per ora, in attesa delle penne alla James Bond, potrebbe agevolare molto il clima evitare che certi vertici nazionali di quel sindacato si esprimano con dichiarazioni tutt’altro che morbide dopo una sentenza di appello che elimina ogni responsabile per il decesso di un arrestato o evitare applausi all’indirizzo di colleghi condannati fino alla Corte di Cassazione. A volte anche un gesto può stemperare, magari quanto una penna spia.
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