È sconcertante la in-dietrologia sulla ristrutturazione di piazza Kennedy. Per riqualificare un desolato parcheggio in uno spazio pedonale si scava appena un metro e venti e viene fuori un archetto e altre pietre del Seicento. Stupore, meraviglia… E ipotesi di revisione del progetto in corso che ci ha tormentato per anni: prima gli archetti virtuali che non piacevano a nessuno, quindi aboliti a furor di popolo, ora l’arco di pietre corrose emergente dagli scavi, fra l’esaltazione dei ravennati tutti, Sindaco compreso. Come se non si sapesse che lì si potevano trovare i resti di qualcosa. Ma chi indica fino a quale profondità scavare? Forse oltre la quota dei 3 metri dove casualmente furono scoperti i mosaici della Casa dei Tappeti di Pietra? Chi valuterà come conservare gli eventuali reperti? E con quali risorse per renderli visibili al pubblico? Per quanto tempo se ne discuterà? Quando si deciderà? Intanto, abbiamo decine di ettari che stanno letteralmente marcendo in Darsena di città, attorno al Candiano. Lì non ci sono reperti, solo terreni inquinati e fabbricati fatiscenti: un degrado che prima o poi ci travolgerà. E non saranno qualche archeologo virtuoso, la soprintendenza, il poco poc o nuovi baretti e ristorantini a salvarci.
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