Omsa, che tristezza

Che tristezza la fila di stanotte davanti all’Omsa per avere l’incentivo alla mobilità. L’obiettivo doveva essere  ricollocare cento persone entro i primi di marzo e invece è diventato quello di indurle a licenziarsi. In cambio di 23mila euro netti, a carico del padrone. Che alla fine non ha saputo far altro che sborsare una sorta di (per lui) elemosina, mettere in palio ottanta assegni. E sindacati e istituzioni di più non sono riusciti a ottenere. Come dar torto a chi si è messo in fila? Come dar torto a chi ormai non crede più che la fabbrica si potrà riconvertire? E allora, tanto vale prendere quello che si può, intanto. Perché per molte, che prima guadagnavano poco più di mille euro al mese, la prospettiva è  guadagnarne meno. Magari facendo pure un lavoro meno tutelato, più faticoso. E la prossima volta che resteranno disocuppate, c’è da scommettere che non ci saranno nemmeno incentivi né cassa integrazione. Ormai l’abbiamo capito tutti: al peggio, sul lavoro, sembra non esserci mai fine.

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