Quando un “dono” costa caro

Che il Vescovo “pubblicizzi” l’ora di religione sui giornali forse non dovrebbe nemmeno sorprendere più di tanto. Le adesioni, soprattutto alle superiori (cioè quando sono i ragazzi a decidere) paiono in calo, serve una campagna a favore della causa ed ecco coniato lo slogan: “L’ora di religione è un dono”. E siccome a caval donato non si guarda in bocca, forse non dovremmo star troppo a sottilizzare, però, insomma, da quando un dono si paga? Sì, perché i prof di religione, che insegnano una materia opzionale e non obbligatoria, sono sì scelti dalla Curia, ma sono stipendiati dallo Stato, cioè da tutti noi, anche da quelli che religione non la fanno. Per loro, più che a un regalo, quell’ora somiglia a una tassa indebita. E nella valle di lacrime e sangue che è diventata la scuola dopo il trattamento Gelmini, come “dono”, magari, si poteva anche sperare in qualcosa se non di meglio, almeno di più economico.

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