Dove sta il confine tra danno di immagine e libertà di opinione? E chi stabilisce quel confine? Il nuovo codice proposto dal Comune di Ravenna per i propri dipendenti (compresi collaboratori e consulenti) prevede di «astenersi da comportamenti, opinioni e giudizi che possano ledere l’immagine dell’amministrazione anche nell’utilizzo dei social network nella vita privata». Questo vuol dire che una mamma potrà scrivere su Facebook che la mensa scolastica di suo figlio fa schifo solo se non lavora per Palazzo Merlato e se invece lavora per il Comune ma ha comunque un figlio che mangia a scuola non può dire che il cibo fa schifo? Ma che logica avrebbe mai criticare a ruota libera con amici, al bar o magari in rete dove tutto circola in fretta e ovunque, il tuo datore di lavoro finendo per danneggiarne la sua immagine? Ma se il tuo datore di lavoro siamo tutti noi, come in questo caso? È giusto che tu, dipendente comunale, non possa raccontarmi qualcosa che non va? Visto che poi qui si parla di Comune e quindi in fondo di governo politico, l’immagine è qualcosa di diverso dal mero conteggio dei voti alle prossime elezioni? Insomma: è solo mettere un po’ di ordine tra le truppe o è mettere un po’ di bavaglio a un migliaio di persone che sicuramente, soprattutto i precari, preferiranno censurarsi piuttosto che imbarcarsi in una causa al tribunale del lavoro?
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