Oggi è uno di quei giorni in cui non è facile scherzare o fare ironia, perché oggi sappiamo con certezza che la morte di una donna di 35 anni, venuta in Italia ormai quindici anni fa per realizzare un sogno, è stata provocata dall’uomo con cui viveva. L’uomo che lei ora voleva lasciare. Una storia come tante, purtroppo, chiamatela di amore criminale, di femminicidio, di omicidio, come volete. Una donna morta per mano dell’uomo che aveva amato. Ecco, oggi, a un mese e un mezzo dal giorno in cui anche la nostra città ha aderito alla manifestazione contro la violenza sulle donne One Billion Rising, non possiamo che fermarci e inorridire. E guardare a quei ragazzi che ballavano in piazza, con la voglia di credere che quando saranno uomini se ne ricorderanno. Ma per aiutarli, intanto, forse non sarebbe male cogliere qualsiasi occasione, diremmo quasi con qualsiasi mezzo, per rimuovere la discriminazione e il tetto di vetro sotto cui vivono le donne italiane loro malgrado. Perché il messaggio che quotidianamente tutti dobbiamo imparare e lanciare è che le donne non sono di proprietà o al servizio degli uomini in un mondo fatto dagli uomini. In nessun ambito, in nessuna dimensione, né pubblica, né domestica. È una questione di vita o di morte. Per tutti.
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