lunedì
16 Giugno 2025
Rubrica Il Bombolone

Scampata alluvione

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Le opere idrauliche sul territorio reggono ma l’erosione sulla costa avanza. A Ravenna la paura dell’acqua ha radici ataviche. Di morti annegati, travolti dalle piene, né parlava già lo storico romano Strabone duemila anni fa. Poi negli annali è un sussegguirsi di cronache di inondazioni devastanti e dell’affannosa inziativa degli uomini per imbrigliare i fiumi, prosciugare le valli e innalzare la terra. Le ultime notizie di pericolo per i cittadini e di danni rilevanti alla città risale all’epocale alluvione del 1966… che mandò sott’acqua diverse zone della città. Dopo, solo qualche episodio di allagamento di case, tavernette e cantine. Un lontano ricordo anche per i non più giovani. Il che la dice lunga sulla perizia dei tecnici e la prudenza delle amministrazioni per mettere in sicurezza il nostro territorio dal dissesto idrogeologico e dalle conseguenze dell’abbassamento del suolo. Il bisogno aguzza l’ingegno… E forse non è poi così “odiosa” la tassa del consorzio di bonifica che nell’ultimo mezzo secolo con opere di potenziamento degli argini, nuove canalizzazioni, sistemi idrovori di sollevamento, ha allontanato il rischio di inondazioni.
Ma se da un parte la laboriosità umana ci ha salvato, dall’altra – sul fronte dell’erosione marina – ci ha condannando alla devastazione di sempre più ampie porzioni di riviera. Ormai è accertato il danno in proposito creato dalle centinaia di trivellazioni Eni al largo della costa romagnola e anche di certe opere a mare, più volte denunciate dal compianto geografo Paolo Fabbri, che aveva previsto fenomeni rilevanti di erosione a sud delle dighe foranee di Marina. Forse sarebbe interessante riprende in mano le sue ricerche e quelle di altri studiosi per evitare in futuro che le pezze – messe in atto negli anni con rilevanti risorse pubbliche – non siano peggio del buco.

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