L’aggiustamento della giunta comunale ha un aspetto dimesso. Matteucci ha salomonicamente diviso le importanti deleghe vacanti dopo la “promozione“ di Corsini in Regione fra l’operoso assessore Cameliani e il giovane “sconosciuto“ ma “affidabile“ Liverani. Un rimpastino senza infamia e senza lode per governare una sorta di interregno prima delle amministrative. Una decisione prudente, maturata in sordina, che riflette la condizione di un sindaco “un po’ stanchino“ e di un partito in ambascia. Perché dietro c’è l’ombra di un Pd diviso, retto da fragili equilibri, ripiegato su se stesso e vagamente alla deriva nella definizione di strategie e progetti di rilancio del territorio. Ma soprattutto, pensando alle amministrative del 2016, responsabile della cannibalizzazione di una classe dirigente ridotta al lumicino. Gli uomini della generazione di mezzo più esperti e competenti cresciuti nel Ds-Pd degli ultimi 20 anni (Corsini, Cassani, Manfredi, Brandolini, volendo anche Maestri…) anche se per ragioni molto diverse fra loro, non sono oggi, e quindi per tempo com’era un tempo, in grado di essere candidati e reggere Palazzo Merlato. Scartata la tentazione di rimettere in pista dirigenti d’antan che “hanno già dato“ (logorati dagli anni e da responsabilità non sempre cristalline) non si vede all’orizzonte una personalità con le doti e l’indispensabile condivisione interna al Pd capace di catturare un solido consenso fra i ravennati per insediarsi al primo turno. Certo la “pochezza“ (per dirla in altro modo lo scarso coraggio o l’opportunismo) del fronte dell’opposizione non è in grado di stimolare soluzioni inedite o innovative nel partito di maggioranza. Ad essere ottimisti si potrebbe sperare che una ingarbugliata incertezza come questa potesse generare un guizzo, una soluzione trasversale, una discontinuità. A pensarla male, invece, potrebbe riservarci un anno e mezzo – due anni se si calcola l’assestamento di nuovi assetti politico amministrativi dopo le elezioni comunali – in cui si rischia il piccolo cabotaggio, se non un vero e proprio immobilismo che la città, vista la congiuntura sfavorevole, proprio non si merita.
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