Nel giorno della Festa del 25 aprile – una ricorrenza della Liberazione dal nazifascismo che dovrebbe unire il Paese, ma che negli ultimi anni ha riacceso profonde divisioni fra gli estremi della retorica resistenziale e un revisionismo storico peloso e reazionario – sta nascendo un potenziale governo che “obtorto collo” dovrebbe far convergere i contrapposti interessi fossilizzati delle forze politiche e delle corporazioni che infestano l’Italia. Il presidente Napolitano ha dichiarato che non c’è altra scelta, utilizzando vari termini che incitano alla mediazione e al compromesso fra cui “convergenza”. Ecco allora rispuntare un paradosso del politichese in auge trent’anni fa (tanto per essere consapevoli di quanto siamo regrediti): le “convergenze parallele”. Immaginatele: accordi lanciati verso un’infinita serie di compromessi che tendono all’inconcludenza ma a una netta spartizione di poteri e interessi. Linee politiche e di intervento sociale ed economico proiettate su piani siderali che non incontreranno mai le reali esigenze dei cittadini elettori.
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