I videogiochi stanno al gioco reale come il gioco reale sta alla vita Seguici su Telegram e resta aggiornato Caro Dottore, perché tanti ragazzi, e in particolare molti maschi, si appassionano tanto ai videogiochi, ai giochi come Pokemon o ai giochi di ruolo? Stanno cercando di fuggire dalla realtà? È qualcosa che dovrebbe preoccupare un genitore? Lettera firmata Cara Signora, il gioco di per se non è assolutamente qualcosa di negativo, ma di necessario. Permette ai bambini, ma direi anche ai ragazzi e non solo, di esplorare il mondo circostante, di apprenderne le regole, standosene al sicuro. Addirittura anche gli animali fanno questo. Da cuccioli mettono in scena attacchi e fughe, lo fanno per gioco, ma sono le dinamiche che apparterranno ai loro schemi comportamentali una volta adulti. Per gli animali è vitale imparare ad attaccare per cacciarsi il cibo e fuggire per scampare ad un altro animale e mettersi al riparo. Il gioco è quindi una palestra alla vita. Così negli animali, così nell’uomo, anche se in modo estremamente più complesso. Le persone, oltre agli aspetti istintuali, attraverso il gioco sperimentano, allenano, anche l’emotività, l’intelligenza, i processi di relazione e socializzazione. Solo per citarne alcuni. Le ansie, le insicurezze, le tensioni, così come i desideri sono “provati” nel gioco. Pensiamo ad un attore che prova il proprio spettacolo più volte prima di mostrarlo al pubblico. Anche i videogiochi sono uno strumento per esprimere i propri sentimenti. Per esempio, attraverso gli arcade violenti è possibile che i ragazzi scarichino rabbie e frustrazioni ricevute negli ambienti reali, non sapendo ancora come replicare. Oppure preferiscono giocare all’ultima versione del calcio sulla consolle, dove possono identificarsi con il loro campione ed effettuare prodezze, anziché scendere davvero in campo, perché lì ci si sottopone ad un vero confronto con i propri coetanei, alle lodi, ma anche le critiche dell’allenatore. Ci si imbatte con il limite dato dall’inesperienza, dalla mancanza di tecnica. Per questo mi sento dire che, per un certo verso, i videogiochi stanno al gioco reale, così come il gioco reale sta alla vita vera. Abbiamo quindi un gioco che è propedeutico ad un’altra forma di gioco. E in questa operazione un certo rischio c’è. Quello di bloccarsi a questa modalità, o di rifugiarsi qualora si sia già sperimentata la vita vera. La rete, internet poi sono ingannevoli perché permettono di mantenere un contatto con la realtà esterna stando nel proprio rifugio. Ci sono partite che si disputano con altri giocatori a migliaia di kilometri senza neanche sapere chi essi siano. E questo illude di essere in relazione più di quanto in realtà non lo si sia. E a pensarci bene Facebook non è poi così tanto diverso. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo