“Perche sei qui?”. Quegli assurdi indovinelli fra angoscia ed ironia di Claudia Castellucci e Chiara Guidi

Il Regno Profondo Ph Eva CastellucciDue donne non più giovani si ritrovano su un “pinnacolo”. È un orizzonte estremo, isolato dal resto del mondo. Portano chiome grige e raccolte, indossano castigati completi in tartan e occhiali dalla montatura spessa. Hanno l’aspetto dimesso e squallido di due maestrine puritane e parlano con uno strano accento, sottoprodotto di un dialetto inventato.

Libro alla mano, le vedove sono qui per lanciare a dio “indovinelli di angoscia”, mentre, poco lontano da qui, nel mondo sta succedendo qualcosa. Da fuori giungono suoni metallici, fragori remoti (bombe?), urla e slogan di piazza, un applauso solitario. Comincia così un dialogo serrato con l’altissimo, recitato all’unisono da Chiara Guidi e Claudia Castellucci quasi fosse un canto monodico. La preghiera-invettiva ripropone paradossi classici del pensiero teologico passati attraverso il filtro dell’ironia.

Queste due voci semplici, apertamente comiche, s’intrecciano sapientemente parlando di libero arbitrio («Vuoi che sia cattiva?». «Come posso essere libera se tu vuoi tutto?»), di onnipotenza e predestinazione («Se vuoi tutto, allora non hai preferenze»), del celebre paradosso del nostrano Pier Damiani («Puoi cambiare ciò che avevi già deciso?»).

Le due amiche aprono le vocali in comici solecismi, strozzano ed alzano la voce seguendo i gesti precisi della Guidi, che usa la mano come una bacchetta da direttrice d’orchestra. Ma non giunge alcuna risposta ai brucianti quesiti teologici di queste due coscienze infelici. Questo pinnacolo non è il Sinai, evidentemente.

Le amiche «sentono girare, girare», la vertigine teologica è troppa, arriva alla parodia dell’estasi («lastricami, dio, e poi mettimi un tombino»). Quindi comprendono che non c’è nulla da fare («Dio, non so cosa fare con te») e qualcosa, nella loro interrogazione, si spezza. Brancolano per terra, mentre sulla quinta vengono proiettate didascalie oscure, che sembrano alludere ad un ancestrale affratellamento fra religione e pubblicità, mistica e capitale (peccato che per un inconveniente tecnico, una seconda sequenza di didascalie sia andata persa).

Così le due tornano ad essere personalità distinte. Cominciano a dialogare, si rivolgono domande. Sono interrogativi elementari ma non abbandonano mai una serrata consequenzialità logica che, portata fino alle estreme conseguenze, finisce per diventare assurda. «Come ti chiami?» chiede la prima alla seconda. «Paola», risponde. «Non hai capito la domanda: come ti chiami? Come chiami te stessa?» insiste. «Paola», replica stolidamente la compagna. Il dialogo incespica fino a bloccarsi sul «ciao» finale: «Puoi ridirlo? Sento che non ci credi», chiede l’una. «Il ciao non è un’entità. Oggi tu soffri le parole» risponde l’altra.

Questa è solo una breve e semplificata sintesi di Perché sei qui?, “lettura drammatica” che va a coronare il trittico scritto dalla Castellucci, Il regno profondo, iniziato con La vita delle vite e proseguito con Dialogo degli schiavi. Per la prima volta a Ravenna a più di un anno dal suo debutto, Perché sei qui? è candidato ai premi Ubu 2018 come miglior regìa e come miglior nuovo testo italiano.

Lo dico apertamente: questo è uno spettacolo difficile da inquadrare, non adatto a tutti i palati. Tiene assieme un contenuto profondo, radicato nella teologia e nell’analisi del linguaggio, a una forma esteticamente impeccabile (elegantissimi sia la scenografia che il disegno luci). Eppure non ha paura di prendersi in giro, di alleggerire i toni.

In una geografia teatrale siamo vicini all’assurdo, a Beckett. Abitiamo un panorama umano straniato e straniante, cervellotico, molto astratto. Ma l’attenzione e la cura nell’uso delle voci, la poetica grottesca quando non del tutto ironica, il gusto per il contenuto filosofico, riporta questo spettacolo della Socìetas nell’alveo della migliore produzione romagnola.

Il regno profondo. Perché sei qui?
scritto da Claudia Castellucci
regia vocale Chiara Guidi

interpretato da Claudia Castellucci e Chiara Guidi
musiche Scott Gibbons, Giuseppe Ielasi
direttore tecnico Eugenio Resta
fonico Andrea Scardovi
organizzazione Elena De Pascale, Stefania Lora
produzione Societas

Visto al teatro Rasi il 14 dicembre 2018

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