La figura e l’opera di Dante Alighieri continuano ad affascinare gli autori di letteratura popolare. La bibliografia è molto ampia e spazia dai gialli, alla fantascienza, oltre ai romanzi storici. A volte si è lavorato sul poeta; più spesso sull’Inferno, e quindi sul tema del contrappasso, anche con interpretazioni interessanti. Negli ultimi mesi sono usciti altri tre titoli: Il giudice dei dannati di Daniele Soffiati (Mondadori); il complicato, e in realtà mediocre, La congiura di Dante di Fabrice Papillon (Piemme) e l’affascinante L’incisore di Luigi Boccia e Nicola Lombardi (Newton Compton Editori).
Il lavoro della coppia Boccia-Lombardi spicca per approfondimenti storici, trama e costruzione dei personaggi: in una cupa, e più che verosimile, Firenze del 1679 qualcuno non solo miete vittime fra i ceti alti della città, ma le sevizia incidendo un occhio sulla testa, dopo averle quasi scotennate. Un lugubre “incisore”, appunto. Il compito di scoprire e cercare di fermarlo spetta a Flaviano Altobrandini, nipote di papa Innocenzo XI, che si è rifugiato a Firenze dopo le vicissitudini passate a Benevento (raccontare nel precedente Strigarium. I delitti del noce; Giallo Mondadori, 2022). Lo chiama a indagare uno fra gli ultimi rappresentati della casata dei Medici, Paolo, che è scampato all’assalto dell’assassino ed è a letto, stremato; assistito dalla cugina Lidia, sorella della prima vittima. Boccia e Lombardi pescano nelle zone d’ombra della storia e della cultura europee; recuperano figure ammantate di mistero, come gli alchimisti; concedono sfumature horror; senza dimenticare il ruolo, per così dire “pericoloso”, delle donne.
Ma cosa c’entra Dante? C’entra perché, per sciogliere il mistero, si deve far riferimento a una particolare trascrizione della Commedia; e perché il grande poema è stato letto anche come viaggio iniziatico: da qui a immaginare sfumature quasi magiche il passo è breve. Che porta alle ragioni, che non si possono anticipare, delle “incisioni”. D’altra parte il romanzo ha, in esergo, una terzina del Quinto canto del Paradiso, con Beatrice che spiega: “Apri la mente a quel ch’io ti paleso / e fermalvi entro; ché non fa scienza, / sanza lo ritenere, avere inteso”. L’incisore mantiene un ottimo equilibrio fra immaginazione, ricostruzione storica (i vicoli della Firenze seicentesca non sono mai stati così ben raccontati) e coerenza narrativa; false piste comprese. Non resta che aspettare una terza indagine di Flaviano Altobrandini.