martedì
24 Giugno 2025
Rubrica Letti per voi

La forza e l’attualità di Kallocaina nel profetico romanzo di Karin Boye

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KallocaìnaLeo Kall è uno scienziato che lavora nella Città Chimica dello Stato Mondiale, in cui si vive seguendo rigorose leggi militari. Il governo controlla ogni istante della giornata e ogni azione degli abitanti che non hanno alcuna libertà salvo quella di formare una famiglia. Le donne, cui sono assegnati compiti simili a quelli “civili” degli uomini, hanno l’obbligo di fare figli, che saranno portati via dagli Oligarchi appena adolescenti, per essere trasformati in soldati, efficienti ma soprattutto obbedienti. E le loro «normali case di città» sono «nelle profondità del sottosuolo».

È questo il punto di partenza di Kallocaina. Il siero della verità, romanzo distopico di Karin Boye, uscito in Svezia nel 1940 e riproposto qualche mese fa da Iperborea con una nuova traduzione di Barbara Alinei. Si tratta di una distopia molto simile a quella di 1984 di George Orwell, uscito otto anni dopo. Leo Kall, come Winston Smith, si sta avvicinando ai quarant’anni e lavora per un Ministero, quello della Propaganda; Smith quello della Verità. Entrambi non sopportano i condizionamenti del regime e decidono di scrivere in un diario il proprio malcontento.

Leo Kall deve portare però sulle spalle un peso molto più gravoso di Winston Smith e della sua Julia: chimico di grande intelligenza ha inventato una droga, la kallocaina appunto, che iniettata ha l’effetto di un infallibile siero della verità. Dopo i primi esperimenti su cavie umane volontarie, gli Oligarchi capiscono di avere fra le mani un’arma definitiva per scoprire ed eliminare ogni dissenso e ogni anelito di libertà. Leo Kall racconta, in prima persona, tutto questo mentre, prigioniero da più di vent’anni, ripercorre la propria vita ponendosi una domanda vietata a tutti: «Perché vogliamo essere liberi?». La risposta della scrittrice è opposta a quella che darà Orwell, che immagina un mondo in cui la felicità è stata estirpata del tutto: vogliamo essere liberi, dice Boye, perché in questo mondo siamo infelici. Quando Leo, e quelli come lui, riconoscono questa infelicità, anche grazie alla droga, capiscono come un obiettivo che sembra privato possa diventare orizzonte di lotta collettiva; diventa quindi una speranza. Un romanzo di grande forza e attualità, che fa capire come la libertà sia figlia dell’amore e della fiducia.

Kallocaina è l’ultima opera di Karin Boye, una fra le grandi voci della poesia svedese e scrittrice femminista. Un anno dopo la pubblicazione del romanzo si tolse la vita, ingerendo una dose massiccia di sonniferi. Aveva solo 41 anni.

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