Linda Traversi sa raccontare favole contemporanee

Traversi

«Non sono degna di esistere. Perché non sono degna di essere amata come figlia, sorellastra, compagna di classe, amica. Persona».
Con questa convinzione è facile capire perché la vita di Maia sia in salita. Se si aggiunge che la ragazzina ha perso la madre, che per altro in famiglia non viene mai nominata; che il padre si è risposato e la coppia ha avuto due fratellini, cui vanno tutte le attenzioni della “matrigna”: ecco che è facile immaginare lo stato di prostrazione della protagonista quattordicenne. Un’attualizzazione di Cenerentola? Può anche essere, ma se a raccontare questo tipo di adolescenza è Linda Traversi, tutto scorre fluido tanto che si entra nei personaggi e si scopre di avere ricordi vivissimi di quegli anni lontani; e di soffrire ancora per lo snobismo di alcuni compagne/i di scuola, che slitta nel bullismo; per i primi amori e per la difficoltà di trovare una voce che viaggi sulla medesima lunghezza d’onda.

Il riparatore di sogni, uscito a gennaio per Einaudi Ragazzi, ha la stessa magia del precedente romanzo La panchina delle cose difficili, e ha il coraggio di fare passi in più nel viaggio all’interno di quell’età di passaggio. Maia non crea un amico immaginario, sana le proprio ferite e colma la propria solitudine inventando storie, con un gioco che funziona anche nella realtà: un sacchetto di parole, da prendere a caso per inventare storie. Che hanno una forza evocativa senza pari, come quella che dà il titolo al romanzo: un personaggio che ripara i sogni infranti; come l’arte giapponese del Kintsugi, che restaura con foglie d’oro oggetti danneggiati. Poi, certo, c’è un amico vero, che le darà il coraggio di scavare nel proprio passato e nel progettare un futuro che può essere affettuoso. C’è un “non luogo” dove far crepitare l’immaginazione.

Anche nella scrittura Linda Traversi fa un passo in più, che ha richiesto un grande lavoro di semplificazione e sintesi; sintonizza le parole agli stati d’animo, restituendo il linguaggio degli adolescenti senza birignao. C’è ad esempio il ripetere doloroso di «Antonio. Cioè papà», che segna la distanza che Maia sente dal genitore. Oppure quando svela il senso non solo del romanzo, ma della letteratura «…non è vero che le parole sono inutili. Mi hanno fatto scoprire i miei sogni». Linda Traversi sa raccontare favole contemporanee, per i lettori da 7 a 77 anni. E li aiuta a credere, almeno un po’, in se stessi.

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