Scritto con cura e sentimento l’ultimo thriller di Giuliano Pasini

Pasini Così Che Si MuoreEra ora: Roberto Serra è tornato e, con lui, la “Danza” che gli fa intercettare schegge di vita degli altri, con visioni che ogni volta lo segnano di più; e la sua Emilia, dove corre sotto la pioggia e risolve crimini di periferia, non per questo meno dolorosi.

Giuliano Pasini è di nuovo in libreria con È così che si muore (Piemme), quarto romanzo con al centro questo commissario per niente politicamente corretto e dalla vita disastrata. Dopo dieci anni, Serra ha chiesto di tornare nel piccolo commissariato di Case Rosse, un borgo quasi dimenticato dell’Appennino, dove ha vissuto la prima tremenda indagine dopo aver lasciato Roma (raccontata nel romanzo d’esordio Venti corpi nella neve del 2012). È ancora un “ed fora”, un “comisàri”, anche se fra quelle mille anime c’è chi gli vuole bene; ed è lì che cerca di rimettere a posto la propria vita e di controllare il male che lo prosciuga. Forse con ancora troppo alcol. Ma con la benedizione degli incontri con la piccola figlia, che vive con la mamma, sua ex che sta per risposarsi.

La primavera parte però con un omicidio: nella frazione di Ca’ di Sotto una casa brucia; spente le fiamme, fra le macerie si trova il corpo carbonizzato di un uomo, sgozzato come si fa con i maiali. Chi ha voluto eliminare Eros Bagnaroli, so- prannominato Burdigòn, “Scarafaggio”? Roberto Serra si trova a fianco una poliziotta finita in montagna per punizione, Rubina Tonelli: romagnola, dark e pericolosa, con un’anima martoriata come quella del commissario e, quindi, aggressiva perché insicura e quasi perduta.

Giuliano Pasini scrive “in levare”; spezza le azioni alternando i punti di vista e i tempi; costruisce frasi leggere solo in apparenza, che tengono il lettore attaccato alle pagine: ancora una e poi basta, ma si continua con il nuovo capitolo. E prepara il colpo di scena finale confondendo le acque, pur lasciando indizi lungo la strada, piccoli come briciole di pane.
Si potrebbe pensare a una costruzione immaginata per una serie televisiva (dove per altro c’è una sovraesposizione di profiler, giudici e commissari, con il rischio della saturazione; e molt* sono imbarazzant*), ma È così che si muore funziona perché è scritto con attenzione, cura e sentimento.
«Lei scuote la testa. Gli si avvicina, passa dietro la scrivania. Sa di pulito e buono. Si china sulla tastiera. Toccando qualcosa con le unghie laccate di rosa, ferma la riproduzione. Così si sente lo scroscio continuo della pioggia».
Un gran bel leggere (che se poi dovesse arrivare una serie tivù, meglio per l’autore).

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