Con “Tanto poco” Marco Lodoli ha dato vita a un gioiello

Cover Lodoli

«…quando l’amore è come il mio, soltanto un infinito sogno solitario, un insulto all’infelicità, uno sputo in faccia al destino, allora alza le sue fiamme fino al cielo, brucia e purifica tutto e non si spegne mai, non diventa mai un fuoco in un caminetto che scalda e calma, che illumina una casa fortunata».

Questa settimana esco dalla consueta “riserva indiana” per segnalare un romanzo che parte con un ossimoro già dal titolo: Tanto poco di Marco Lodoli (Einaudi). E la citazione iniziale ne è, in parte, la sintesi. Una bidella racconta in prima persona la passione che la lega per tutta la vita a Matteo, professore giovane, spettinato e distratto, poi scrittore, marito e padre. La protagonista, che un’unica volta Matteo chiama Caterina, ma non è il suo nome, lo protegge come un angelo custode, e lo ama con una potenza che arriva a sfiorare il disagio mentale. Tanto che le tragedie che lei attraversa, compreso uno stupro, sono poco più di un incidente di percorso rispetto a quel sentimento. Devozione vera e propria, dunque.

Marco Lodoli ha una scrittura raffinata e semplice, con la quale trasforma una piccola storia quotidiana in favola moderna, che conserva però il retrogusto amaro di quelle vere, senza le modifiche disneyane; e, insieme, mette a nudo le dinamiche e le invidie del mondo della scuola e i meccanismi del mercato editoriale, che sa esaltare per l’esordio, e calpestare alla seconda prova. Con la stessa leggerezza, poi, racconta gli incontri veri della bidella, che passano da azioni crudeli (uccide un cane) al sesso, lasciando a chi legge un continuo senso di meraviglia. O l’amicizia, inutile, con Mirella. Un mondo alla rovescia, quindi, come l’immagine della copertina (il particolare di un’opera di Paola Gandolfi).

In realtà Tanto poco non è così fuori dai miei normali confini di lettura; il romanzo infatti porta in spazi dove il fantastico si mescola alla realtà grazie al punto di vista dell’autore. Anche un vassoio che si inclina, facendo rovesciare le tazzine del caffè sulle scarpe della bidella, può innescare una specie di magia sentimentale. Con i paragrafi finali, poi, la fusione dei generi arriva alla perfezione; con il dramma che si esplicita con «l’odore del vino e della disgrazia». Così la donna che non si chiama Caterina si mostra in tutta la propria purezza.

Tanto poco faceva parte dei romanzi segnalati dagli Amici della Domenica del Premio Strega, presentato da Elena Stancanelli. Non fa parte dei finalisti, ma è un gioiello.

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