A cosa serve questo palazzo del cinema?

Allora adesso inizia la rassegna d’essai del Ravenna Festival, da giovedì 3 maggio, interamente dedicata al Tibet e bla bla bla. Il 9 maggio invece parte il festival Corti da Sogni, con cortometraggi da tutto il mondo, ospiti, premi speciali e bla bla bla. Che bello, Ravenna sta diventando davvero una culla per il cinema. D’altronde adesso c’è anche un’associazione che si chiama Ravenna Cinema. E poi abbiamo il Palazzo del Cinema, quello dei congressi, quello in Largo Firenze. Già, bello riunire in un solo luogo tutte le manifestazioni cinematografiche. Sì, sarebbe bello. Però peccato che il Ravenna Festival d’essai si faccia al Corso, prestato dalla Curia, mentre il Corti da Sogni al teatro Rasi. Ma allora? Va bene, ci saranno sicuramente dei motivi. Magari i lavori non sono venuti proprio bene bene? Mancano delle autorizzazioni? Non so. L’importante è che poi, magari anche solo dopo l’estate si parta, che il nuovo palazzo dei congressi incominci a fare cinema. Eh no, hanno già spiegato dal Comune, mica possiamo farci dei film tutte le settimane, ancora non sappiamo bene cosa farcene. Ma allora (di nuovo)? Tutto ‘sto parlare sul nuovo cinema in centro di questi anni? Non doveva essere questo il nuovo cinema in centro? E non dite di no perché trovo decine di dichiarazioni sul tema.
Ok, non devo dire altro, se non regalarvi questa chicca, destinata però solo a chi aveva letto il mio pezzo di due settimane fa sui Pooh, intitolato “Finalmente un evento da vera capitale”. Ecco, lo trovate anche sul sito di Ravenna&Dintorni, insieme al commento di un tale “sinto” che dice, errori grammaticali compresi: «se è la presenza dei Pooh un evento da vera capitale … stiamo freschi; se invece consideriamo anche i Casadei e Laura Efrikian allora siamo proprio da frezer. Per quanto possa essere poco significativa la presenza di questa testata, mi chiedo perché si debba tollerare la totale incompetenza di chi scrive simili banalità a proposito di un gruppo che – nel migliore dei casi – non è stato altro che la versione padana del baglioni nazionale. Peter Gabriel – che di progressive ne sa qualcosa – dichiara di aver molto ascoltato i gruppi italiani, ma non cita i Pooh. Sono certo che bastava una telefonata a Patrizio Fariselli – è a Ceseatico, ci vuol poco – e qualcosa di interessante avrebbe raccontato. Se non sapete a chi affidare certe cose, non fatele che è meglio: nessuno ne sentirà la mancanza ». Cioè, avete capito? Ma secondo voi dice sul serio?

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