E venne il giorno della tempesta perfetta

E venne il giorno in cui la bora spazzò via Marinara. La torretta  tanto carina cedette come un grissino alla forza delle onde che le si infransero contro. Decine i morti tra i petrolieri russi che si trovavano nei loro yacht nel porticciolo. I cadaveri dei surfisti, invece, furono ritrovati solo dopo settimane, seppelliti dalle macerie del Marinabay, di cui per giorni si cercarono i proprietari senza costrutto.
A Ravenna dal cielo cadde di tutto: pioggia, grandine, neve, metanfitamina di colore blu. Le strade divennero presto inagibili per gli alberi crollati a terra e addirittura si formarono delle buche. Si narra di grossi tir che a causa del vento sbandarono contro furgoni che si ribaltarono andando a colpire auto che in testacoda abbatterono grossi pali della luce che finirono con lo schiacciare decine di daini giunti fino all’Adriatica per festeggiare all’insegna dell’eccesso la decisione della Provincia di non aprire più la caccia contro di loro.
I ravennati in quei giorni scoprirono l’esistenza di espressioni come “dighe foranee” e “massicciate delle foci”. E alcuni per fuggire dalla tempesta cercarono riparo fino a Mezzano, andando però inconsapevolmente incontro a una morte orribile, polverizzati da un meteorite che la Protezione civile non aveva previsto.
L’esperto di Meteoromagna, invece, sapeva bene della pioggia che fece esondare il Candiano, allagando l’intera città ma risolvendo alla radice il problema del collegamento tra la Darsena e la stazione, quando ancora si parlava di spostare la ferrovia e ancora non esisteva l’attuale, comodissimo, traghetto.
Il problema più grosso di quel giorno, come si legge nel libro di memorie di Alvaro Ancisi, fu quello che molti ravennati, invitati a più riprese dalle autorità a non uscire, nella foga si chiusero nelle loro case e buttarono le chiavi, finendo per non uscirne davvero, ma per mesi, con conseguente beneficio per la circolazione stradale.
Ma in fin dei conti, tutto andò per il meglio, la maggior parte dei ravennati si salvò, quel tragico 27 novembre, e a testimonianza di quel periodo resta in piazza del Popolo l’imponente scultura alta 165 metri di Fabrizio Matteucci, eroe buono che per tenere monitorata la situazione si recò in spiaggia anche di notte, costringendo a forza anche l’assessore Andrea Corsini (che venne anestitizzato e trasportato in auto ancora addormentato), ma che finì divorato da una tartaruga marina gigante che stava solo fingendo di essere morta spiaggiata a Lido Adriano.

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