Evviva il giornalismo d’inchiesta. Anzi no

Succede che Report decida di fare un’inchiesta sulla Coop, in particolare sul prestito sociale e sul suo ruolo neanche troppo nascosto di banca non autorizzata, rispetto al quale la stessa Coop non può far altro che dire che sulla questione ci sta lavorando la Banca d’Italia. Succede che Coop, appunto, dopo praticamente essersi rifiutata di entrare nel servizio registrato di Report, pubblichi quasi come giustificazione la serie di mail scambiate tra redazione del programma di Rai Tre e Coop, da cui si evincerebbe la scorrettezza dello staff di Milena Gabanelli. Che invece, giustamente, rifiuta di ospitare Coop in studio in diretta, come richiesto, cosa mai vista a Report e non certo propria di un servizio di giornalismo d’inchiesta.
Ma in tanti, qui a Ravenna dove la cooperazione è un oggetto ancora assolutamente intoccabile (tanto che non si può neppure dire che forse i lavoratori in ambito culturale e sociale non se la passano proprio da dio, in campagna elettorale), si sono fin da subito schierati con Coop, perché si getta fango sulle tante persone che ci lavorano, sui soci, perché non si lavora così (come se quelli che si lamentano sapessero qualcosa di come si fa il giornalista), perché questo è diventato “il metodo Report”, eccetera eccetera.
Ed ecco che ancora una volta il giornalismo d’inchiesta va bene quando se la prende con le multinazionali cattive; Milena Gabanelli è un idolo quando parla di Lega Nord e ‘ndrangheta, Report va bene e bisogna difenderlo da tutto e tutti quando racconta di Berlusconi e Antigua, ma quando si permette di prendersela con il Pd, Hera o addirittura la Coop, diventa una vergogna come lavorano Report e la Gabanelli. Perché la Coop siamo noi, capite? Non si può mettere in dubbio che non faccia tutto solo per noi, per voi. E bisogna solo parlarne bene.
E allora mi vengono in mente le parole della stessa Gabanelli, sulle difficoltà di fare il suo mestiere in Italia. «In questo Paese – dice rispondendo alla domanda di una recente intervista – ministri e imprenditori parlano solo con i giornalisti amici. Eppure usano spesso la parola “libertà”. Ma se ti prendi la libertà di critica, ti trascinano in tribunale». Amen.

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