La lettera di Calatrava al Sindaco

Caro Fabrizio,
mi dispiace molto che sia finita così. Mi dispiace ma sono proprio costretto a prendermi una pausa di riflessione. È stato bello finché é durato. Ci siamo divertiti, dobbiamo ammetterlo. Abbiamo sognato insieme una città nuova. Una Darsena di livello europeo, con un segno architettonico straordinario, realizzato da un architetto di caratura mondiale, il migliore dell’universo. Che poi sarei io.  Ti ricordi, Fabrizio, quando siete venuti a trovarmi, tu e quei due tuoi amici, Elio e Gabrio? Qui, nel mio studio a Zurigo, mi sembra di vedervi ancora, tutte e tre, così pieni di entusiasmo. Mi sembra ieri e invece era il 21 gennaio. Quante risate che ci siamo fatti! Avevamo addirittura pensato di sotterrare la stazione. Una stazione sotterranea! Ma ci pensi? Sarei curioso di sapere cosa avete invece deciso di fare in tutti questi mesi. Ti ricordi, lo dicesti tu che il 2010 sarebbe stato l’anno della Darsena. Sarà mica venuto il mio amico Norman Foster? Spero di no, fidati, è sopravvalutato. Non li vale mica tutti quei milioni di euro. Io sì che li valevo, ma tu mi hai sedotto, illuso e poi abbandonato. Ti dirò di più, mi sono sentito usato. Hai sfruttato il mio nome solo per farti pubblicità, adesso l’ho capito. Ma io non sono un architetto-oggetto. Io ho la mia dignità. Non posso svilirmi partecipando ad un bando pubblico, devo essere pagato per lavorare al meglio. A proposito, ma il bando pubblico? Com’è andato? Ne avevate pubblicizzato l’uscita in gennaio, dopo che era stato annunciato l’estate del 2009 all’indomani del protocollo d’intesa firmato con le vostre Ferrovie dello Stato e dopo che lo avevo visto tra i punti del tuo programma elettorale, quando, aiutami, cinque anni fa? Ti lascio con un accenno a quello che sarebbe potuto essere la Darsena e che invece non sarà mai: avevo in mente un ponte pedonale con soluzioni costruttive innovative eco-compatibili di progettazione strutturale in vetro con supercazzola al quadrato in acciaio smerigliato. Tiè.
Con affetto, addio per sempre.
Una volta tuo,
Santiago

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