La mia nuova giunta dei sogni

Ecco la mia giunta dei sogni, quella che darebbe finalmente una svolta a questa città governata sempre dai soliti noti.
Il mio sindaco ideale è Paolo Randi, lo dico subito, del partito dei Pensionati, che dopo aver appoggiato prima Matteucci e poi Ancisi è ormai maturo per fare il grande passo da solo. I suoi elettori gli chiederanno di aprire cantieri a rotta di collo per potere stare tutto il giorno a guardarli e quindi non potrà che essere una buona cosa. Speriamo ci pensi.
Suo braccio destro, vicesindaco, per proseguire nel segno dei repubblicani, il forse troppo presto dimenticato Roberto Ravaioli, uno che è stato eletto grazie alla Lega Nord alle ultime amministrative di Ravenna e poi è passato nel centrosinistra come se nulla fosse, nei repubblicani appunto, dichiarando che tanto si era candidato nella Lega a tempo perso e che prima di fare il grande passo aveva consultato tutti i suoi 58 elettori, che conosceva uno per uno. Un mito che non può finire così.
Assessore alla Cultura, ruolo chiave della mia giunta, farei Erica, la campionessa (credo) di Masterchef, per la «sua forza di carattere tutta romagnola», come ha scritto in un comunicato ufficiale inviato alla stampa (veramente) il sindaco uscente Matteucci invitando i ravennati a una visione collettiva della finale del programma.
All’Innovazione, delega che mi piacerebbe creare appositamente per lui, di certo Enzo Dalmonte, consigliere tecnologico di Ancisi che credo sia il responsabile dell’ultimo orripilante fotomontaggio del loro candidato vero, e che su Facebook ha commentato il terribile post del leghista Pini in stile Salvini contro la paternità di Vendola e l’utero in affitto con solo tre parole: «W la figa». Credo sia sufficiente.
Alla Sicurezza manterrei Martina Buby Monti perché credo abbia lavorato bene.
All’Immigrazione metterei dentro uno che il razzismo l’ha vissuto sulla propria pelle, il consigliere uscente dei grillini Pietro Vandini, accusato di essere un «ferrarese di merda» da un collega del Pd di cui ora non ricordo il nome in una delle vette più alte di questi cinque anni di consiglio comunale a Ravenna.
Alle Pari Opportunità Mirko De Carli, alfiere di Mario Adinolfi, sentinella in piedi, persona di comprovati sani principi, che ha pure intervistato Povia sul quotidiano dello stesso Adinolfi partendo con questa domanda (conservo il ritaglio del giornale sul comodino): «Qual è l’origine più profonda del suo essere cantautore?».
Tutte le altre deleghe, colpo di scena, le ridarei in mano a Matteucci. Sul serio. A me manca già.

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