Lo strano caso della legge
sullo svago danzante

«I titolari e i gestori di stabilimenti balneari muniti della licenza […] sono autorizzati a svolgere nelle ore pomeridiane particolari forme di intrattenimento e svago danzante, congiuntamente alla somministrazione di bevande alcoliche, tutti i giorni della settimana, nel rispetto della normativa vigente in materia e, ove adottati, dei regolamenti e dalle ordinanze comunali, comunque non prima delle ore 17 e non oltre le ore 20».
Eccolo il tanto discusso nuovo articolo 55 del Codice della strada, scritto da un certo Tizio (Gianluca Pini, Lega Nord) che dice in questo modo di aver di fatto reso inefficaci le ordinanze di Caio (Fabrizio Matteucci, sindaco del Pd) che sostiene invece che resteranno in vigore e in pratica dà dell’incosciente e irresponsebile ad un suo collega di partito, Sempronio (Vidmer Mercatali, senatore del Pd), che quella stessa legge l’ha votata, pur credendo che significasse tutt’altro di quello che dice Caio. Insomma, un bel casino. In pratica siamo di fronte a due parlamentari che non hanno ben chiaro o quello che hanno scritto o quello che hanno votato. Senza  entrare nel merito della questione, happy hour sì o happy hour no, sarebbe bello capire come sia possibile che in questo Paese non si riesca nemmeno a fare una legge univoca, una legge che possa semplicemente essere compresa. E analizzando questo benedetto articolo 55 già si parte male. Neppure mia nonna si dava allo “svago danzante”, da giovane, forse Camillo Benso conte di Cavour nelle serate di gala. E va beh, cercheremo di andare oltre. Ovvero al punto in cui viene specificato che i bagni devono rispettare le ordinanze comunali. Così, e basta. Tizio, possiamo capirlo, può sì sostenere che il rispetto delle ordinanze è comunque secondario al fatto che la nuova legge permette ai bagni di organizzare happy hour tutti i giorni senza chiedere l’autorizzazione al Comune; e che i Sindaci non sono al di sopra della legge nazionale e che al massimo possono regolamentare l’impatto acustico; e che, leggo testualmente una sua dichiarazione, «ai Comuni rimane, per quanto già di loro competenza, la possibilità di regolamentare la parte residuale come il numero massimo di persone per evento». Ma allora, ci permettiamo di dire, era meglio scriverle, tutte queste cose. In fondo in fondo, forse, non ha tutti i torti neppure Caio a dire che l’articolo è stato scritto con i piedi. È troppo, insomma, pretendere di poter interpretare una legge nazionale senza bisogno di un avvocato?

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