Meglio i sofà o Komikazen?

Quindi questa è la città dove si spendono 30mila euro per comprare delle panchine fatte in mosaico di dubbio gusto (con tanto di frasi scolpite, in inglese, stile Baci Perugina) dall’Olanda ma non per il loro valore artistico, si badi bene, bensì per il valore sociale – ci ha spiegato l’assessore – perché sono fatte in laboratori dove operano persone in difficoltà. In Olanda. Che è un po’ come se dalla Turchia comprassero i manufatti di un laboratorio di tessitura di tappeti per aiutare gruppi di persone in difficoltà a Ravenna; ma va bene così, siamo generosi, noi. Anche con chi è più ricco. Che poi tanto, ci hanno detto, ne stanno facendo altre proprio qui, a Ravenna, dovremmo essere contenti e felici e stare zitti.
Nel frattempo, però, lasciamo sparire un festival come Komikazen, un’indiscussa eccellenza della nostra città, perché non riusciamo a trovare più di 5mila euro nel bilancio comunale. Un festival fatto da persone non allineate, scomode, un po’ come quelli del Gruppo dello Zuccherificio attaccati direttamente dal sindaco nelle scorse settimane. E non voglio assolutamente – o forse sì – nemmeno essere sfiorato dall’idea che dietro quella “fanghiglia” si sia voluto fondamentalmente screditare il portavoce di Ravenna in Comune (ok, nome e cognome: Massimo Manzoli del Gruppo dello Zuccherificio), non voglio assolutamente pensare che se i promotori di Komikazen fossero iscritti al Pd, o avessero almeno mostrato qualche propensione a firmare un appello per una lista di sinistra in appoggio al Pd, o ci fosse almeno un fidanzato di qualcuno che conta nel Pd, magari dopo undici anni che portano le maggiori firme mondiali del fumetto per parlare di politica e di realtà e di giornalismo, magari si sarebbero trovati qualcosa di più di quei miserrimi 5mila euro e magari si sarebbe trovato anche qualche buco dove farli esporre nonostante la magnifica, imperdibile, stratosferica (vero, no?) biennale del mosaico di pochi mesi fa. Biennale a cui dobbiamo peraltro l’acquisto dei social sofà, le panchine di cui sopra, e non invece, magari, di un’opera d’arte che potesse andare ad arricchire un patrimonio artistico (cosa che avrebbe avuto tutto un altro significato e si sarebbe forse attirata comunque non meno critiche, ma sicuramente più sensata). Sì, in fondo, va bene così. Un bel divano d’importazione per mettersi seduti e restarci. A contemplare il nulla. Sperando che non attiri degrado…

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