Quello che si legge sul web, tra indignazione social e imbarazzo

Non si finisce mai di leggere commenti di gente che non capisce una cippa, sui social. Un caso recente è quello del maxi investimento a Ravenna nel campo dell’offshore di quella che sarebbe la più importante azienda statale cinese, con la promessa di assumere 100 addetti qualificati entro due anni: il commento più diffuso su Facebook è che assumeranno solo cinesi.

Ecco poi il messaggio di un utente facebookiano convinto di scrivere al sindaco Michele de Pascale: «Vorrei sapere con precisione quanto il comune di Ravenna paga per ogni immigrato minorenne perché ho sentito diverse cifre!», postato, in realtà, su una pagina satirica che De Pascale lo prende per il culo e che, in modo geniale, gli risponde “Boh”. Scatenando così un’altra indignazione da social (tanto che ha denunciato il “caso” pure ai giornali).

E restando a quello che si legge sul web, non ho dubbi invece sulla veridicità di una notizia (visto che l’ho letta su Ravennaedintorni.it) emersa nell’ambito del processo Cagnoni, ossia la richiesta di 40mila euro da parte dell’Udi (le femministe che sono parte civile del processo) anche per finanziare la pubblicazione dei resoconti del processo firmati dalla giornalista Carla Baroncelli sul blog della Casa delle Donne. Si tratta di resoconti di parte (non si prende neanche in considerazione l’ipotesi che Cagnoni possa essere innocente) in cui, per esempio, si possono leggere passaggi del genere: «[…] Le donne dimostrano di essere più preparate, più concrete e sensibili. Danno più attenzione alle persone, sono più empatiche. Insomma hanno delle risorse diverse dagli uomini, pur avendo meno diritti, meno opportunità. Più obblighi». O ancora: «[…] Le donne e gli uomini sono persone ma non lo sono allo stesso modo. Gli uomini nascono con un cognome che gli resterà tutta la vita. Anche i loro figli, maschi, avranno la strada spianata dal cognome che portano. La stirpe. Il sangue. L’onore. Il loro ruolo è assicurato per l’eternità. Per diritto. Per la famiglia. Le donne nascono con un cognome che raramente trasmetteranno, mentre nel corso della loro vita assumeranno quello del marito, talvolta, se si separeranno, quel cognome rimarrà comunque sulle bocche di molti anche per sempre. Il cognome delle donne si toglie e si mette alla bisogna. Le donne nascono persone, ma poi ben presto l’essere di genere femminile le fa diventare semplicemente figlie di, sorelle di, fidanzate di, mogli di, madri di, nonne di […]».
Certo non è giornalismo, ma chissà che davvero non possano servire a combattere i femminicidi. Lo spero, anche se io leggendoli provo solo imbarazzo.
Sarà che sono uomo e il mio cognome vivrà in eterno…

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