E se votassero i bambini?

 

In un articolo apparso su Internazionale, il professor David Runciman, docente di scienze politiche all’Università di Cambridge, riprende provocatoriamente la proposta già espressa nel podcast Talking Politics di estendere il voto ai bambini a partire dai sei anni, in contrapposizione al grande squilibrio generazionale delle democrazie moderne.

Da quando l’ho letto, continui scenari distopici mi affollano la mente, continuando a migliorarmi l’umore.

Bimbette al parco che si danno un tono con le compagne citando l’ultimo editoriale dell’Economist.

Politici in comizio vestiti da Avengers o da principesse di Frozen (in effetti la più famosa Elsa apparsa nelle sedi istituzionali fu in grado di scatenare una tempesta di ghiaccio su parecchi aspiranti pensionati).

E che dire delle infinite possibilità di merchandising elettorale che darebbero un po’ di respiro alle edicole in crisi? Pupazzetti gommosi con la faccia di Enrico Letta o Matteo Salvini (il pupazzetto di Mario Draghi, dotato di poteri sovrumani e invulnerabilità, sarebbe ovviamente il più raro e desiderato).

Bambini che la sera non vogliono andare a dormire per non perdersi il finale di Cartabianca (benché, nel caso, sarei pronta a firmare una petizione per inserire tra i diritti inviolabili dell’infanzia quello a non guardare talk show politici).

Se ci pensate bene, non è così folle come sembra: i bambini a Montecitorio si divertirebbero moltissimo e  i commessi parlamentari li gestirebbero con facilità, abituati come sono  a sedare risse, sceneggiate varie e lanci di cibo. Anche la possibilità di urlare parolacce a squarciagola, sdoganata con successo e strabilianti risultati elettorali, potrebbe avvicinare i piccolissimi all’agone politico.

Per quanto possiamo sorriderne, tuttavia, la provocazione del professor Runciman muove da un problema serio e reale: le generazioni più giovani sono pochissimo rappresentate. Con l’allungarsi dell’aspettativa di vita, sono sempre più anziani coloro che prendono decisioni dirimenti su un futuro che non vedranno mai.

Non che sia necessariamente un male, intendiamoci, però dovremmo essere onesti e ammettere che più invecchiamo, più tendiamo a sovrastimare i pericoli immediati e a sottostimare quelli a lungo termine.

Ecco, magari il voto alla scuola primaria è una divertente boutade, ma il tema di come dare un minimo di spazio pubblico e responsabilità ai giovani dovremmo porcelo, noi genitori in primis. Altrimenti poi non ci lamentiamo se non saranno in grado di inventarsi un sistema per pagarci la pensione.

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