Miele, romanzo con sorpresa e anche racconti

Per chi ama McEwan Miele è un godimento intellettuale da non perdere. Forse non c’è nemmeno bisogno di amare McEwan in particolare, ma diciamo che può aiutare. Soprattutto all’inizio, quando la preparazione a entrare nella vera e propria trama si dilunga per molte pagine. Ma chiunque si ricordi quel capolavoro di Lettera a Berlino sa che con il genio inglese in certi casi vale la pena aver pazienza per essere ripagati. Qui non c’è precisamente un punto di rottura, ma una trama comunque fitta, almeno da metà romanzo in poi, dove la vicenda personale della protagonista, Serena, che narra in prima persona, incrocia un periodo storico quanto mai intrigante di questi tempi. Sono i primi anni Settanta e l’Inghilterra è in preda a una crisi economica senza precedenti, mentre tra i giovani dilaga la contestazione. Serena finisce il college e viene arruolata nelle file dell’M5.  Non è una contestatrice, ma intanto mostra una disinvolutara e libertà sessuale che fa ben capire perché la condizione delle donne in Inghilterra è decisamente migliore di quella delle donne italiane, oggi. Il suo passatempo è leggere: è una lettrice onnivora e poco selettiva e questa sua passione la porterà a occuparsi di Miele, un’operazione dei servizi segreti che vuole incoraggiare o comunque semplificare la vita a intellettuali che mostrino simpatie conservatrici per contrastare il dilagare di idee filosocialiste. E questo è un altro dei punti di forza del romanzo, perché ci costringe a riflettere sul ruolo della politica e del pensiero, della libertà e dell’arte. La vicenda si intreccia con le storie d’amore di Serena, appassionate sì, ma raccontate sempre con un distacco quasi algido. Serena stessa risulta un personaggio fondamentalmente freddo. Forse, si può pensare, perché racconta la vicenda a molti anni di distanza, rispetto agli anni narrati, non ben precisato. O forse, viene il sospetto, perché un uomo che si cala nei panni di una donna non può che farlo mantenendo una certa distanza. Alla fine se ne scoprirà la ragione. E ci si ritroverà a chiedersi se McEwan non si sia soprratutto divertito a parlare di letteratura e di poetica, a mettere in scena un personaggio che non ama un certo tipo di libro e si trova a esserne invece la protagonista. Un gioco metaletterario che però nulla toglie alla profondità dei personaggi, al quadro di un’Inghilterra classista e in crisi di identità, al retroscena di quei servizi segreti che non contavano certo solo agenti alla James Bond. E se questo non bastasse, dentro il romanzo, che vede tra i personaggi principali uno scrittore, ci sono anche un paio di racconti davvero notevoli. Del resto, chi non si ricorda il McEwan di Cortesie per gli ospiti?

Ian McEwan, Miele, Einaudi, pag. 351
Traduzione di  Maurizia Balmelli

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