martedì
24 Giugno 2025

Al Rossini Open una bella proposta dal programma tra noto e “ignoto”

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Fuori dal teatro, dentro le città è lo slogan del Rossini Open, stagione musicale del teatro lughese dedicato al Cigno di Pesaro. Delocalizzata in diversi ambienti del comune (e non solo), questa rassegna presenta diverse possibilità adatte a soddisfare i palati di tutti i gusti. Piatto gustoso è stato il concerto di domenica 27 ottobre, la cui sede, lo spartano, ma efficace, Teatro della Casa del Bambino di Voltana, sala lunga con un palco azzurro che rimanda al colore storico del tendaggio del Rossini.

Tante erano le perplessità sul luogo del concerto che, a tutta prima, si presenta al pubblico come poco più che uno stanzone con un buco nel muro da cui nasce un piccolo palco e che, invece, lascia agli ascoltatori la sensazione di uno splendido ascolto in cuffia. Merito è, certamente, anche del Quartetto d’archi La Toscanini che presenta al pubblico un programma diviso tra il noto e “l’ignoto”. Apre, infatti, il concerto un brano di grande interesse e poco eseguito, il Quartetto n.1 “Rispetti e strambotti” di Gian Francesco Malipiero. Notevole e ben scritto, il brano di uno dei grandi compositori della generazione degli Ottanta (dell’Ottocento, ça va sans dire) non è preda di quella sperimentazione che, nel 1920, anno della sua composizione, stava demolendo definitivamente la quasi quattrocentenaria idea della musica europea e, invece, si svolge ricercando un linguaggio che, pur all’interno di un impianto prevalentemente tonale, ricerca vie di fuga capaci di sorprendere, e armonicamente e strutturalmente (due esempi sono una sottesa ciclicità e il piccolo corale finale).

Il noto è, invece, il Quartetto n. 14 D. 810 Der Tod und das Mädchen di Franz Schubert. Uno dei quartetti più suonati, se non il più suonato insieme a Rosumnde, del compositore più sottovalutato del periodo dominato da Beethoven.
L’esecuzione del gruppo cameristico appare coerente e ben equilibrata. La proposta della composizione di Malipiero è frutto di uno studio e di una ricerca di notevole rilievo che restituisce, su tutto, una qualità del suono mutevole. La scelta di vibrati variati ben si adatta alla scrittura del brano. Per contro La Morte e la Fanciulla soffre un po’ di “pilota automatico”. L’esecuzione sembra figlia di una pratica novecentesca che vuole l’Ottocento suonato tutto in maniera enfatica, dimenticando però l’origine affettiva del linguaggio. Ad ogni modo una scelta rispettabile e in continuità con la recente tradizione. Tradizione del concerto dal vivo che il Teatro Rossini continua a far vivere anche in assenza di teatro. Chapeau!

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