Bonolis, ma che mi combini

Francesca Perrotta Direttrice Orchestra

La direttrice d’archestra Francesca Perrotta

Qualche sera fa è stata trasmessa la serata inaugurale di Pesaro 2024 capitale della Cultura. Mattatore della serata, sotto gli occhi attenti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il signor Paolo Bonolis. Nel corso dell’evento ci sono stati momenti dedicati all’ascolto di un’orchestra.

Fin qui tutto nella norma, a quanto pare. Cominciamo, però, a dire che l’orchestra Olimpia non è una normale orchestra. Già, perché questa compagine è (per scelta) tutta rigorosamente al femminile, dal primo flauto alla tuba, dal quarto corno all’ennesimo violino di fila (e con qualche elemento ravennate). È un’orchestra nata non per opportunità, ma per l’esigenza delle fondatrici di affermare, tra le altre cose, come, anche nella musica, la capacità femminile non sia inferiore a quella maschile. E così è! Chiunque abbia un poco di pratica musicale non potrà che convenire col fatto che non dipende da XX o da XY la bontà di un musicista, ma, primariamente, dalla sua quantità di studio, abnegazione, fatica e sudore.

Suscita scandalo e indignazione, dunque, il comportamento che l’ex conduttore di Bim Bum Bam ha riservato a Francesca Perrotta, co-fondatrice e direttrice (sì, si può dire, non è turpiloquio) dell’orchestra. Certo, il presentatore romano è noto per i suoi modi privi di garbo, incentrati sulla volgarità e la mancanza di buongusto, qualità che ha messo benissimo in mostra nella serata in questione, prima chiamando a più riprese Perrotta con il titolo di signora, schivando la declinazione femminile di direttore, e poi notando la procacità della musicista al triangolo, richiamando pure i versi d’una celebre canzone italiana del 1978.

La rete sta impazzando nel chiedersi se Bonolis avrebbe chiamato Riccardo Muti col titolo di signore. La risposta è lapalissiana, si sarebbe prontamente zerbinato ossequiandolo non solo con il titolo che il Maestro merita (e per diritto e per indubitabile e magnifica bravura), ma con una serie di complimenti da far impallidire anche gli anemici. Ancor di più, ci si chiede qui da queste colonne, il conduttore avrebbe fatto gli stessi apprezzamenti se il percussionista fosse stato, per esempio, un giovanotto calvo e dal baffo rubello? La risposta la sapete già tutti.

È innegabile, e molto amaro, constatare che si sia ancora davvero infinitamente lontani dal considerarsi tutti esseri umani e la cultura, musicale in questo caso, nulla ha potuto se non certificare che nella mente di alcuni (molti, troppi) l’uguaglianza tra gli individui è tuttora utopia.

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