Corelli interpretato da Onofri con vigore e freschezza. Umidità permettendo…

FollieCorelliane

Trionfo dell’umidità. Altre parole non vi sono per raccontare il concerto andato in scena la sera di martedì 13 giugno nella superba cornice della Basilica di Sant’Apollinare Nuovo nel cuore pulsante del Ravenna Festival. Protagonista del primo appuntamento dedicato all’opera quinta di Arcangelo Corelli è stato il violinista ravennate Enrico Onofri che, insieme al suo Imaginarium Ensemble, ha eseguito le sei sonate da camera della raccolta del compositore fusignanese, stampata emblematicamente il primo gennaio del 1700.

La lettura del moderno Orfeo romagnolo ha sbalordito per vigore e freschezza: raramente si trovano insieme sapienza ed intelletto, tuttavia in questa circostanza Onofri ha dimostrato di saper interpretare le sorti della serata sin dalla prima nota. Si diceva, infatti, dell’umidità, bizzarra arcinemica della corda di budello, che tanta parte ha avuto nella riscoperta della prassi esecutiva dei tempi antichi. Questo materiale risente grandemente del grado di umidità dell’aria e per il povero violinista suonare sulla prima corda, la più sottile, era una roulette russa dalla quale uscivano sibili come nitriti di un puledro imbizzarrito. La sapienza di Onofri è certamente stata quella di limitare, con sommo rammarico della platea, le diminuzioni (ossia gli abbellimenti estemporanei più complessi) restituendo al pubblico il piacere di una lettura meno ingrassata da gesti virtuosistici, ma, per una volta, più attenta a differenziare i piccoli particolari che già si trovano nella scrittura corelliana. Sotto questa luce acquista di significato la scelta di un basso continuo mutevole di sonata in sonata (violoncello, tiorba e clavicembalo, alla fine suoneranno insieme solo in 3 delle 6 sonate in programma) e peculiare anche la scelta di una esecuzione che vaga per la Basilica, quasi come se i musicisti fossero guide che descrivono la meraviglia dei mosaici bizantini.

Due sono stati i bis che hanno trovato spazio nella serata ravennate, il primo, il secondo movimento dalla Sonata Accademica op.2 n.8 del fiorentino Francesco Maria Veracini, mentre ha chiuso il concerto uno dei movimenti più belli di tutta la raccolta corelliana, il primo tempo della sonata n.3.

È emozionante sapere che a distanza di più di 300 anni la Romagna è ancora terra di eccellenza musicale.

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